N ell'agenda italiana l'appuntamento che cattura l'attenzione è quello del voto nelle Regioni e del referendum sul taglio dei parlamentari. Non ci sono dubbi che sul piano interno sia un fatto importante, ma non è destinato a cambiare la nostra vita. Una sconfitta in Toscana del Pd sarebbe un fatto storico, avrebbe forse un impatto sul governo a Roma, ma là si fermerebbe. Il nostro destino non cambierà per le sorti di Conte, Zingaretti o Salvini, il fiume della storia è decisamente più grande e interessante. L'esito di questa vicenda lo vedremo lunedì sera, abbiamo tempo, penna e inchiostro per raccontarlo.

Per sapere, per capire qual è il nostro orizzonte dobbiamo sollevare lo sguardo, siamo di fronte al cambiamento di abitudini e stili di vita che sono figli del Novecento. È il nuovo ordine innescato dal coronavirus, un soggetto infinitamente piccolo e infinitamente grande che ha avuto un enorme impatto sulla nostra vita, anche sulla piccola e splendida Sardegna. Il vaccino, quando ci sarà, risolverà molti problemi che si sono presentati con la pandemia, ma alcuni fatti nuovi restano sul tappeto.

Ne elenco alcuni. 1) L'organizzazione del lavoro sta cambiando, per molte aziende si presenta la scelta di rimodulare la presenza negli uffici, accelerare la digitalizzazione; 2) Il settore immobiliare si trova di fronte a un fatto nuovo: gli uffici non sono più in molti casi una condizione necessaria per avviare l'impresa, pesano altri elementi nell'organizzazione del capitale, come per esempio la presenza di reti veloci e sicure.

T erzo punto: il mercato delle abitazioni è destinato a vedere salire il valore delle case che hanno uno spazio ricreativo, conterà meno la posizione e di più l'areazione, durante la crisi del coronavirus abbiamo visto i limiti (e l'incubo) del modello di vita costruito nell'alveare di cemento; 4) Vivere in città, respirare l'aria elettrizzante delle metropoli non è più un sogno, improvvisamente sono emersi altri valori. È esemplare il caso di New York, abbandonata dall'élite, dai ricchi che si sono rifugiati nelle loro ville di fronte all'oceano; 5) La bio-sicurezza, la sovranità tecnologica e sanitaria, sono diventati una priorità. L'elenco è lungo, non sono temi nuovi, ma il coronavirus ne ha accelerato l'emersione.

In agenda ci sono scadenze di enorme importanza per il nostro futuro. Il 3 novembre gli Stati Uniti d'America sceglieranno il nuovo presidente, la sfida tra Donald Trump e Joe Biden è aperta e la notizia è che nonostante tutto quello che è successo (la pandemia, il collasso economico da lockdown e la rivolta dei movimenti anti-razzisti) Trump è in corsa e può ancora vincere. La narrazione di Biden vincente sicuro si è infranta di fronte alla realtà delle due Americhe (quella repubblicana e quella democratica) che sono in rotta di collisione. Nello spazio della geopolitica la competizione è intensa e velocissima, quello che accade in America arriva a noi a ondate, dalla politica commerciale, alla strategia della Difesa, dall'uso della tecnologia alla diffusione della scienza, non c'è settore che non sia influenzato da quello che accade a Washington. Pensate al solo tema del vaccino anti-coronavirus, è la ricerca delle aziende farmaceutiche americane finanziate con i miliardi del governo a far sperare in una scoperta di cui il mondo ha bisogno.

Come vedete, temi e luoghi lontani (solo in apparenza) s'intrecciano in una storia unica: la cura e il destino della riapertura dell'economia globale (e dunque la sicurezza della prossima stagione turistica in Sardegna) sono influenzati dalla corsa alla Casa Bianca, dall'interesse di Trump a procurarsi “l'october surprise”, la sorpresa nel finale della campagna presidenziale che serve a The Donald per conquistare il suo secondo mandato.

Il mondo è diventato caldo, piatto e affollato, Oriente e Occidente non sono mai stati così vicini e nello stesso tempo così lontani. La sfida tra Washington e Pechino è il primo punto dell'agenda internazionale, con o senza Trump alla Casa Bianca il confronto sarà duro, perché sono contrapposti due modelli e noi facciamo parte di un luogo chiamato Occidente, siamo parte dell'ordine liberale. E la realpolitik del container non basta a chiudere gli occhi sulla natura totalitaria del regime cinese. A Pechino la scoperta del vaccino serve a presentarsi come il salvatore del mondo, un sottosopra: dopo aver innescato il problema con il primo focolaio a Wuhan, arrivano le truppe della salvezza di Xi Jinping. Un'altra tappa dell'offensiva diplomatica cinese di cui l'Italia è un (in)consapevole avamposto.

In Spagna, in Francia e nel Regno Unito il coronavirus ha ripreso a marciare. La parola lockdown è tornata. Di chi sarà il vaccino? Tutti rispondono: di tutti. Non è così, c'è la battaglia delle prime forniture, la precedenza per chi ha pagato la ricerca e prenotato le scorte, il primato politico ed economico da far valere, la produzione di miliardi di dosi. Dietro questa storia che vede all'opera gli scienziati (e le spie) di tutto il mondo si cela la più grande battaglia geopolitica della contemporaneità, il primato della sicurezza, della ricerca, della vita. Ecco la posta in gioco del presente. Sul nostro radar l'inverno sta arrivando, speriamo che non sia quello di una nuova guerra fredda.

MARIO SECHI

DIRETTORE DELL'AGI

E FONDATORE DI LIST
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