“ N egazionisti” erano quegli storici che offrivano il prestigio della loro professione, e un'infarinatura di argomenti pseudo-storici, alla menzogna che le camere a gas non fossero mai esistite. Non è una parola come un'altra: si riferisce a chi nega una delle più grandi atrocità mai commesse dall'uomo. Ma il Covid-19 non è Auschwitz, non è un orrore la cui responsabilità sta sulle spalle di donne e uomini che i “negazionisti”, per l'appunto, cercavano di riabilitare. Il virus è un fenomeno biologico. La scienza ha fatto miracoli e ci consentirà di avere, man mano che il tempo passa, le idee sempre più chiare. Le certezze per ora restano poche.

Questo non ci ha impedito di “politicizzare” l'epidemia, facendone un'altra materia sulla quale dividerci, e con straordinaria animosità.

Un uomo pubblico come Andrea Bocelli se ne è accorto intervenendo in un convegno organizzato dalle parti del centrodestra, al quale, assieme a qualche personaggio improbabile, partecipavano anche scienziati di rilievo (Massimo Clementi), grandi giuristi (Sabino Cassese e Giovanni Guzzetta) e un medico un po' “televisivo” come Alberto Zangrillo, che però l'emergenza l'ha vissuta in corsia e non davanti ai microfoni. Il seminario trovava il suo filo rosso nella contrarietà alla proroga dello stato di emergenza fino a ottobre inoltrato. Bocelli ha detto due cose: di essersi sentito “umiliato” per la privazione della libertà personale e di non aver conosciuto malati finiti in terapia intensiva.

Q uest'ultima è stata un'uscita infelice, non c'è dubbio. L'impressione è però che si stia imponendo nel nostro Paese una sorta di narrazione eroica del lockdown, come di un grande sforzo nazionale, perfettamente calibrato dal governo.

La chiusura delle attività ha avuto un effetto importante sul contagio ma, ricordiamocelo, è una scelta estrema, necessaria perché si ha a che fare con una malattia nuova e si teme il collasso del sistema sanitario. È difficile dimenticare che la nostra è stata una quarantena piena di contraddizioni. Che abbiamo impedito alla gente di farsi una camminata o una corsa, da soli, senza nessuna ragione medico-sanitaria. Che quando abbiamo chiuso le scuole sono stati esponenti del governo a suggerire di “lasciare i bambini coi nonni”. Che il trasferimento di persone infette nelle RSA - una decisione di salute pubblica - ha avuto effetti disastrosi. Che governo nazionale e OMS ci hanno messo settimane a suggerire alle persone l'uso della mascherina. Che il governo voleva chiudere le attività economiche “non essenziali” e lo ha annunciato come la cosa più facile del mondo: ma si è affidato alle autocertificazioni, e per fortuna, dal momento che si era dimenticato di tutta una serie di imprese e attività imprescindibili per quelle stesse filiere “essenziali”. Che il blocco delle attività produttive ci vale una crescita negativa di più di un decimo del prodotto interno lordo.

Il lockdown ha sortito gli effetti attesi? Senz'altro. Poteva essere fatto con un po' più di rispetto per la libertà delle persone? Probabilmente sì. Ha dimostrato l'efficienza dello Stato italiano? Decisamente no. Nel 2020, abbiamo chiuso la gente in casa come si faceva nel 1300. Se si racconta la quarantena come una prova brillantissima della nostra classe dirigente, e non invece come una misura disperata innanzi a una minaccia a cui non eravamo preparati, sorge il dubbio che qualcuno pensi di affrontare allo stesso modo la probabile seconda ondata. Ciò dimostrerebbe come non siamo stati in grado di imparare nulla, in questi mesi difficili.

L'impressione è che almeno ai partiti imparare interessi poco. Alcune forze politiche rivendicano il monopolio del diritto alla salute, altre quello della libertà personale. Sono pretese improbabili: gli alfieri della salute erano contrari ai vaccini, quelli della libertà di norma la sopportano poco. Ma gli uni e gli altri si appellano a sentimenti radicati: il bisogno di affidarsi a qualcuno in una situazione di pericolo, l'insofferenza per le restrizioni. Altro che i “dati”, sulla base dei quali alcuni speravano si gestisse l'emergenza. È il trionfo della pancia.

ALBERTO MINGARDI

DIRETTORE DELL'ISTITUTO

“BRUNO LEONI”
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