“ M i preoccupa il lievito”. Francesco Pugliese, amministratore delegato di Conad, per spiegare le sue perplessità sulla kermesse degli Stati Generali negli ultimi giorni ricorre a questa battuta ad effetto. Intende dire che i consumi di lievito e farina sono letteralmente esplosi nella prima catena italiana di supermercati nazionali, e aggiunge che questo non è un buon segnale: «Stiamo vendendo quintali di lievito in più, e quintali di pane in meno. Il fatto che gli italiani preparino il pane a casa - mi dice - non mi preoccupa come commerciante, ma come cittadino: è il segnale più chiaro che troppa gente è ancora a casa, e che ha addirittura il tempo per fare il fornaio perché non è ancora tornata al lavoro».

Un altro esperto di mercati primari, Luigi Scordamaglia, quando gli domando se siamo tornati alla normalità, scuote la testa e ricorre ad un altro esempio indicativo: «In questi mesi si vendono il 40% in più di uova, ovvero proteine a basso costo, e crolla il consumo di carni pregiate e pesce, le proteine “care”. Languono anche i formaggi di pregio e i vini di qualità: che prima erano trainati dalla ristorazione. Senza che ci sia nessun motivo razionale - mi dice Scordamaglia - vendiamo tonnellate di tonno, carne in scatola, latte a lunga conservazione: se gli scaffali rivelano la psicologia di un popolo, vuol dire che molti italiani si sentono ancora chiusi nel bunker». Sono partito da questi due diversi dialoghi, che mi hanno colpito molto, perché esprimono bene il contrasto di ciò che il dopo-Covid sta suscitando nel Paese.

I n parlamento si vive una strana euforia da revival, come se nulla fosse accaduto: le parate di governo e le guerriglie parlamentari del leghista Roberto Calderoli, l'impazzare dei veleni dentro e fuori i partiti. C'è una gran voglia di tornare alle paginate di giornale piene di vuoto pneumatico, di retroscena sapidi, di intervistone e di proclami enfatici. C'è un partito, il Movimento 5 stelle, che è entrato in fibrillazione solo perché qualcuno chiede un congresso. C'è voglia di contarsi su Dibba-sí Dibba-no, come se ci trovassimo allo stadio e se non avessimo imparato proprio nulla. Il primo partito del parlamento italiano si sta dividendo, senza capire bene su cosa, a meno di non prendere sul serio il delirante dibattito sul Mes, dove qualcuno pensa ancora che dire di no ad un euro-prestito a tasso agevolato sia un elemento di battaglia identitaria di cui possa importare qualcosa agli italiani. Ma il problema è che è cambiato il mondo, e non ce ne siamo accorti. Che siamo cambiati noi, e cerchiamo di negarlo: a questo mi hanno fatto pensare le immagini dei tifosi del Napoli festosi in piazza per la vittoria sulla Juventus in Coppa Italia, e le voci scandalizzate che si sono levate per protestare indignate: “Sono matti! Sono irresponsabili!”. Tuttavia, malgrado i catastrofisti, il dato di fatto è questo: in metà del Paese il virus ha visto abbattersi vertiginosamente il numero di contagi, nell'altra metà (ovvero in Lombardia e nelle province di confine) i contagi proseguono, ma non sono più gravi di prima: non producono più, insomma, terapie intensive e decessi. Mentre invece dovremmo preoccuparci di un'altra notizia che oggi rischia di essere trascurata: la decisione di un ennesimo rinvio (a luglio) del Consiglio dell'Unione europeo sui cosiddetti “Recovery fund”: ovvero gli aiuti comunitari. Questo perché l'Austria, l'Olanda e i Paesi satelliti della Germania continuano ad opporsi ad il piano di finanziamenti agevolati per i Paesi colpiti dall'emergenza.

Se vuoi andare in Sardegna devi accontentarti di due voli al giorno, se vuoi riaprire il tuo ristorante devi mantenere i due metri. Ed ecco perché solo quando avremo il coraggio di abrogare la ridicola misura che impone il distanziamento sociale anche nella più sperduta provincia (in certe spiagge sarde, con il sole a picco, il vero crimine è la mascherina) potremo dire di essere usciti dal tunnel della paura. Quando torneremo a comprare il pane confezionato potremo dire di aver rimesso a lavorare gli esodati del Covid. Quando finirà l'Italia a lunga conservazione - questa Italia sospesa fra responsabilità e pessimismo - potremo dire davvero di essere ritornanti alla vita.

LUCA TELESE
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