I l governatore del Veneto, Luca Zaia, ha colto la palla al balzo del decreto col quale sono state riaperte alcune attività, come cartolerie e librerie, per mettere la parola fine alla strategia del lockdown e puntare invece su controlli stringenti finalizzati però a mantenere in funzione quante più attività possibili. Fino ad oggi, il Veneto è la Regione che ha gestito meglio l'emergenza. Il focolaio di Vo' Euganeo, vicino a Padova, è stato mantenuto sotto controllo e la politica di test messa in atto dalle istituzioni sanitarie locali ha prodotto un caso unico, in Italia: la malattia è stata circoscritta ma abbiamo anche imparato delle cose sul virus.

Zaia conta su esperti, a cominciare dal professor Andrea Crisanti, che hanno scelto un approccio diverso da quello raccomandato dalla Organizzazione mondiale della sanità e patrocinato a livello nazionale da Walter Ricciardi, figura di raccordo fra l'Oms e il Ministero della salute. Sull'utilizzo dei tamponi e sulla politica delle “zone rosse”, il Veneto si è distinto anche dalla Lombardia, dove la strategia di contenimento del virus è stata messa a rischio, con tutta probabilità, dalla reticenza nel definire una seconda zona rossa nella Bergamasca, per estenderne invece il perimetro a tutta la Regione.

I n alcune interviste, Crisanti ha suggerito tre condizioni per la riapertura: la distribuzione su larga scala di dispositivi di sicurezza, dalle mascherine ai guanti; il rafforzamento di servizi di diagnosi sul territorio e il monitoraggio dei luoghi di lavoro; il tracciamento elettronico dei soggetti infetti. È da vedere se e come Zaia seguirà quello che appare come il suo esperto di riferimento, anche in questa fase due. Se lo facesse, il caso veneto potrebbe essere ancora più rilevante per l'Italia tutta.

In questa emergenza, più voci hanno chiesto una ricentralizzazione delle competenze sulla sanità. In realtà l'organizzazione regionale del servizio sanitario nazionale precede la famigerata riforma del Titolo V. Già la Costituzione del 1947 assegnava alle Regioni le competenze in materia di assistenza sanitaria. Oggi circa l'80% del bilancio di questi enti è allocato alla sanità. Si è molto discusso della Lombardia, in ragione del suo modello. Esso è diverso dalle altre Regioni, perché si fonda su un sistema misto e quasi-competitivo, pubblico-privato. Negli anni, ha dato alla Regione una offerta di prim'ordine. Gli ospedali lombardi hanno fatto miracoli anche nella crisi. A essere meno sicure sono state le scelte strategiche. È un paradosso: la Lombardia è parsa molto più allineata, nei fatti, alle prescrizioni del governo e meno incline agli “strappi”. Le polemiche fra Fontana e Conte hanno ricalcato pedissequamente quelle fra maggioranza e opposizione, con quest'ultima che si limita a chiedere che la medicina somministrata dal governo venga fornita in dosi più abbondanti. Il Veneto, al contrario, dopo una iniziale fase più restrittiva oggi mostra un approccio più “produttivistico” e arriva anche ad eliminare il limite dei 200 metri da casa per la passeggiata, contando sulla responsabilità dei cittadini. Una specie di riconoscimento per la buona condotta mostrata fin qui.

Chi vuole usare l'emergenza per superare il regionalismo vive nell'illusione che le soluzioni centralizzate siano sempre le migliori. Al contrario, è stata una fortuna per tutti, non solo per i veneti, che Zaia abbia potuto seguire una strategia diversa da quella di Fontana. È parimenti prezioso che possa farlo nella fase due. Lo è sia dal punto di vista del contrasto del virus sia da quello strettamente politico. Con l'elezione diretta del presidente di Regione, si sperava che il palcoscenico locale potesse preparare nuove leadership nazionali. Finora è accaduto in modo marginale: è stato più facile per alcuni leader infeudarsi, ottenendo un controllo militare del territorio. La crisi punta i riflettori sui “governatori”. La situazione è talmente seria che i cittadini, quale che sia la loro appartenenza, non possono non vedere la differenza di risposta e capacità amministrativa. Se la politica nazionale brilla per improvvisazione, in alcune Regioni è possibile verificare l'abilità di alcuni autentici professionisti della politica. Se da questo esame così difficile emergeranno figure in grado di riportare a Roma un po' di competenza e di concretezza, sarà a causa proprio dell'odiato regionalismo.

ALBERTO MINGARDI

Direttore Istituto Bruno Leoni”
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