S abato scorso il noioso tran tran della nostra clausura forzata è stato spezzato da un annuncio: edizione straordinaria dei Tg. Erano le 22,30. Come milioni di italiani ho atteso per un'ora, trepidante e anche un po' preoccupato. Fino a che è apparso in diretta Facebook il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, che dopo averci propinato uno scipito fervorino sul dovere di stare a casa e uniti nel nome del Paese, ha annunciato il varo di nuovi provvedimenti restrittivi senza nemmeno spiegarli nel dettaglio. Rimandando il tutto - con una sciatteria impressionante - al decreto che è arrivato solo il giorno successivo e che ha provocato, oltre al caos interpretativo, anche una marea di critiche, persino da parte di giornalisti non certo ostili al governo.

Tuonava ad esempio Enrico Mentana: «Come è possibile fare un discorso alla Nazione di questo tipo, in quell'orario e con misure così poco chiare? Se un governo decide di bloccare la gran parte delle attività produttive, prima stende il provvedimento, poi dirama un comunicato stampa con gli elementi essenziali. Poi, e solo dopo, arriva il discorso del premier, che spiega perché si assumono decisioni così gravi e cosa c'entrano con la lotta contro il contagio, e tutte le belle frasi che abbiamo ascoltato».

H o atteso qualche giorno per capire se il fastidio che anch'io avevo avvertito fosse prodotto da questa sorta di arresti domiciliari ai quali siamo costretti e che - lo dico subito a scanso di equivoci - condivido perché è l'unico modo per arginare il contagio. Ma sono tuttavia arrivato alla conclusione che le anomalie iniziano ad essere troppe e i decreti continuano ad accavallarsi giorno dopo giorno spiazzando i cittadini che si ritrovano in preda ai dubbi proprio nel momento in cui avrebbero bisogno di fiducia e certezze.

La prima anomalia, che sarebbe peraltro ingeneroso addebitare a questo esecutivo, riguarda i drammatici numeri dell'emergenza sanitaria in Italia: settantamila contagiati, oltre settemila morti, il dato peggiore in tutto l'Occidente. Una tragica stranezza che nessun dato scientifico ha finora spiegato. Ma altre anomalie sono invece ben visibili, ed è doveroso citarle non per spirito di polemica politica ma perché costituiscono piccole ferite che bisognerà pur sanare. Fingiamo di dimenticare per amor di patria che i nostri destini sono in mano ad un avvocato che non è mai stato eletto, che si è ritrovato per circostanze rocambolesche alla guida di due governi diametralmente opposti e che in un momento drammatico come quello che stiamo vivendo gestisce la comunicazione come peggio non si potrebbe. Siamo passati dalla colpevole sottovalutazione della prima ora all'angoscioso crescendo di misure drastiche distillate poco alla volta e con il Parlamento semichiuso (ma ieri, finalmente, c'è stata una comunicazione alla Camera). Ha scritto lucidamente in un appello l'ex presidente del Senato Marcello Pera: «La pandemia sconvolge le nostre vite, cambia i nostri comportamenti quotidiani, colpisce i nostri affetti più consolidati. Ma non può uccidere le istituzioni, non può mettere in quarantena la democrazia, non può sospendere la costituzione. Se è vero che siamo impegnati in una “guerra”, allora il Capo dello Stato, il Governo, il Parlamento devono essere i nostri avamposti. A loro sta la guida dell'esercito. Il popolo italiano, responsabile e ammirevole, oggi è invece lasciato solo. Il Parlamento si riunisce a intermittenza; il Governo si convoca di notte e, sempre di notte, spiega mediante social media; il Presidente del consiglio limita diritti costituzionali tramite decreti poco discussi e frettolosamente convertiti; il conflitto tra Governo, Regioni ed Enti Locali sta raggiungendo livelli prima mai visti; e il Capo dello Stato è costretto ad assistere sgomento privo di poteri effettivi ad intervenire». C'è poco da aggiungere. Se non che un “dopo” arriverà e sarà il momento di rimettere in piedi questo Paese. E sarà anche l'occasione per resettare la politica, a tutti i livelli. Quella europea, mortificata ogni giorno di più nei suoi nobili ideali costitutivi, e quella nostrana, affossata dalle scelte disastrose degli ultimi decenni e sostituita oggi da surreali pantomime alle quali siamo costretti ad assistere.

MASSIMO CRIVELLI
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