S ono interessato a un film e mi arrendo alla tv. Immediatamente, la quantità della pubblicità mi sovrasta e al di là delle percentuali abnormi di interruzioni sono colpito, non sorpreso, dalla narrazione tonda di un mondo felice e luminoso, così falso da suscitare un'ipnosi vischiosa da cui è difficile svincolarsi.

Per lavoro uso comunicazione e marketing da quarant'anni, leggo libri che ne anticipano sviluppi e pericoli, ho conosciuto i migliori guru, ma l'unica cosa che mi viene in mente adesso, vedendo una madre che ballonzola trascinandosi dietro due figli altrettanto improbabili, tutti e tre attratti come beoti da uno snack gelato, ecco, è l'arte di Vladimir Zelensky.

Mi spiego: noi dedichiamo tempo ai nostri politici, cui deleghiamo la nostra fiducia incondizionata o l'odio viscerale (e i media si nutrono delle loro tattiche minute e dei loro interventi come fossero caratteri importanti, di spessore), ci abbandoniamo ai nostri idoli sportivi e dello spettacolo, leggiamo i romanzi di Camilleri e della Ferrante, ma ignoriamo (chi ce li propone, chi li analizza?) gli statisti che hanno declinato il potere in senso così innovativo da stravolgere i termini stessi della democrazia. Lee Kuan Yew, ad esempio, il creatore della moderna Singapore, teorico della tecnologia e del cambiamento indotto dall'assillante tensione al meglio; oppure Pepe Mujica, ex capo di stato uruguaiano, profeta, all'opposto, della sobrietà e dunque di una società che diventa felice perché non spreca e si accontenta.

E certo non abbiamo sentore della figura del presidente ucraino, il comico Zelensky, il quale usa la comunicazione e il marketing in prima persona, come fosse il produttore, lo sceneggiatore di se stesso e l'attore senza intermediari, per creare il presidente ideale di una nazione in una serie tv e poi farlo magicamente eleggere.

Come il personaggio descritto da Sartre, che crede di essere il cameriere perfetto e dunque lo interpreta con tutto il rigore della schizofrenia, così Zelensky si è inventato un nuovo modo di far politica e ha raggiunto in brevissimo tempo risultati non comuni: percentuali altissime di voti a favore (oltre il 73%) e di gradimento dopo i primi mesi di governo. Considerato una specie di scherzo difficilmente inquadrabile, un presidente da operetta, ha fatto ripartire l'economia, rafforzare la moneta, superare le tradizionali differenze tra Est e Ovest (un pesante condizionamento del mondo russo, sin dall'Ottocento), e approvare con percorsi parlamentari ad hoc riforme importantissime. Anche in politica estera si è mosso rapido e pragmatico come il personaggio dei suoi film, dando priorità al successo dello scambio dei prigionieri e alla creazione di un clima di dialogo e non di belligeranza, ai risultati e non alle concettualizzazioni. Conferenze stampa senza limiti di tempo in compagnia di altri attori che interpretano i giornalisti pungenti, tavoli di lavoro in trattoria, rinuncia totale ai discorsi sui massimi sistemi e alle lotte ideologiche per dedicarsi ai temi quotidiani e alle soluzioni, il tutto mischiando la sostanza (decisioni e leggi turbo) con il marketing: «Dove arriviamo noi, la vita della gente migliora».

Se sposiamo le banali categorizzazioni che tanto ci rassicurano, Zelensky è lo stereotipo, positivo, del populista: risveglia e motiva, incita all'azione, evita quanto divide il Paese, segue valori di solidarietà, apertura e progresso, ottiene risultati pratici - è questa la discriminante che infine convince la gente.

Una politica-spettacolo alla Netflix? Forse, ma noi preferiamo davvero il vuoto pneumatico e la corsa verso il baratro? O le farse che ci propina una tv scientificamente lottizzata e indirizzata dalla politica?

In tempi che solo la nostra ignoranza fa apparire strani (riflettiamo sull'inserimento del nucleare tra le politiche europee “verdi”, chiesto da Macron, su cui l'Italia non ha eccepito), alcuni si sorprendono della clamorosa vittoria di Boris Johnson, dell'Inghilterra che con democratica e schiacciante maggioranza sceglie la Brexit (non ci avevano per mesi raccontato il contrario? Ah, la perfida Albione!), degli italiani che tradiscono l'ideologia, intenti a fare i conti col fine mese, la disoccupazione, l'emigrazione, i disservizi, una società in disfacimento.

Non ci stanno bene Zelensky e Boris Johnson? Cambiamo canale.

CIRIACO OFFEDDU

MANAGER E SCRITTORE
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