C agliari, 1988, ci troviamo in via Giudice Mariano, poco lontano da piazza Giovanni XXIII. La sala d'attesa del parrucchiere Franco è affollata da uomini e ragazzi che attendono il proprio turno. In assenza dei social network la noia si riempie chiacchierando o leggendo le riviste che su piccoli tavolini abbondano: già sfogliate da mille mani e con gli angoli delle pagine ormai gonfi.

Oggi, Gente e Novella 2000 sono i periodici più gettonati, anche perché le loro pagine permettono insperato accesso alla vita privata dei Vip. Ecco l'articolo sul presunto figlio illegittimo di Maradona ed ecco le indiscrezioni sugli smisurati compensi dei divi della TV: “Nove miliardi per presentare il Festival di San Remo!” esclama un anziano signore abituato, suo malgrado, a vivere con la pensione minima. Non solo notizie, ma anche inverosimili inserzioni pubblicitarie che propongono l'impensabile: occhiali ai raggi x per vedere attraverso i vestiti delle donne e magici mocassini che promettono di far recuperare ben otto centimetri di altezza a chi li indossa.

Franco, provvisto dal destino di un volto perennemente sorridente, è socievole e, fra un colpo di forbice e l'altro, dispensa consigli, informa e intrattiene. I suoi capelli, come è giusto che sia, sono sempre in ordine e il locale in cui riceve i clienti è stato recentemente rinnovato con materiali ambiziosi. Sentore di lacca, profumo di dopobarba, nuvole di borotalco: il vorticoso soffiare del phon e lo scrosciare dell'acqua per il rito dello shampoo…

«Va bene? È troppo calda?», domanda Franco e, un istante dopo, sorprende tutti improvvisandosi tenore: «Uno alla volta, uno alla volta per carità!», canta, citando Figaro, il celebre barbiere di Siviglia.

Nel suo salone si parlava. Ci si confrontava. Era un momento di aggregazione sociale che aiutava a diventare uomini e a ritornare bambini.
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