Luciana Littizzetto ha proposto una sorta di autocertificazione: chi non crede al virus firma un foglio e nel caso si ammali chiede di non essere curato. La provocazione artistica ha un suo fascino però, e meno male, non funziona così. Gli ospedali accolgono chiunque e i medici curano tutti. Anche i cosidetti negazionisti. Succede allora che in corsia gli operatori sanitari crollino di stanchezza anche per salvare la vita a chi continua a guardarli in faccia e dire, o comunque far capire, che non hanno quella cosa lì. E non si sa più a quale santo votarsi. Anche perchè, chi pensa sia tutta una montatura per vendere gel mascherine e vaccini o per tenerci a casa agevolando chissà quale golpe, il giorno che decidono di manifestare per le libertà sospese si assembrano in piazza liberi da dispositivi di protezione solo nominalmente individuali in realtà collettivi. E come hanno già dimostrato stadi e discoteche, il virus fa festa.

Arginare l'onda negazionista che si alimenta sui social non è facile se neppure la malattia e il ricovero in terapia intensiva convertono gli irriducibili del complotto planetario. Del resto, non è mica la prima volta: ogni epidemia ha dovuto fare i conti con chi la negava, dalla peste alla Spagnola. Non è insomma un prodotto del mondo moderno questo atteggiamento antiscientifico. In una ricca intervista a Linda Varlese su Huffington Post Donatella Lippi, docente di Storia della medicina all'Università di Firenze, ricorda i numerosi precedenti storici con annesse motivazioni. A cominciare dalla Spagnola che si chiama così perchè solo la Spagna, non impegnata nella prima guerra mondiale, ne parlò. Tutti gli altri Paesi "tacquero per non abbattere il morale dei soldati già provati e depressi per altre ragioni". Ma perfino il colera e il vaiolo vennero negati: "ll ministro Giolitti disse che si trattava di una febbre di altro tipo alla quale non bisognava prestare tanta attenzione". Parole che risuonano anche oggi.

Lippi sottolinea poi la gravità di quello che successe con la febbre puerperale: "Ammazzava tutte le donne che venivano ricoverate in ospedale per partorire. Da una parte un medico ungherese sosteneva che si trattasse di una febbre causata dalle particelle cadaveriche sulle mani dei medici, altri medici dicevano invece che, rimaste incinte giovanissime, le donne portavano in grembo il seme della colpa o anche che la malattia fosse dovuta a sommovimenti tellurici".

E chissà se i nostri discendenti tra molti secoli leggeranno le teorie negazioniste del Covid come noi oggi vediamo quelle strampalate di tanto tempo fa. Si tratti di un complotto dei poteri forti per imporre un nuovo ordine mondiale o di un virus artificiale creato nei laboratori cinesi per favorire la speculazione o del 5G che indebolisce il nostro sistema immunitario, tutto viaggia con la velocità supersonica che la Rete consente trovando sempre nuovi sostenitori.

Eppure neanche l'idea del complotto politico, per dire, è nuova: il colera, per esempio. Secondo uno scrittore dell'epoca "era stato provocato da un virus borbonico". Ma non è ancora tutto: nel rispondere alle domande di Varlese, Lippi sottolinea quello che successe nel 1630 con la peste. "Don Ferrante nei Promessi Sposi si avvale di tutti i discorsi pseudoscientifici per affermare che, di fatto, la malattia non esiste. Da molte fonti risulta che si attribuiva la colpa agli untori e ai medici che diffondevano l'epidemia per proprio tornaconto personale". Non solo: Lippi ricorda che a Firenze la notizia circolava ma a bassa voce perché una dichiarazione dello stato di epidemia comportava paralisi economica, territorio bandito da ogni scambio e da ogni contatto esterno, disoccupazione e gente che moriva di fame. Lo Stato provvide a esborsi per sostenere le persone in difficoltà, sapendo di compromettere la stabilità economica per tantissimi anni".

Nessuna differenza tra ieri e oggi.

La domanda allora è: come mai? Una spiegazione arriva da due psicologici, dell'Ohio, Eve e Mark Whitmore (la loro intervista alla Cnn è stata ripresa da Varlese con lo stesso articolo di Huffington Post): "E' un meccanismo di difesa negare la minaccia". Per sconfiggere il negazionismo bisogna dunque conoscerne la logica. Sperando che funzioni.
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