Sabato sera, poco prima di mezzanotte, in ventidue si ritrovano su Clubhouse, il nuovo social dove apparentemente le parole spariscono nel vuoto. Nelle room in cui si parla senza freni e tutto (forse) svanisce nei cloud la sensazione è quella di essere più liberi. Verba volant, si sa, e quelli della sbronza in solitaria cominciano a raccontarsi. Si confrontano, se la ridono e si danno consigli: c'è chi spiega agli altri il cocktail che si è inventato per allietare le interminabili serate casalinghe, con i ristoranti e i locali chiusi, chi suggerisce vini locali e chi fa una rassegna delle bottiglie che conserva tra il frigo e la cantina del soggiorno. Il dialogo nella room "Sabato beviamo" non dura molto a lungo. Niente a che fare con quelle chat in cui le discussioni su marketing, politica e affari digital diventano monologhi da lezione universitaria. La voglia di sorseggiare, qui, arriva quasi subito e gli ospiti si abbandonano felicemente al bicchiere. Spariscono uno dopo l'altro, senza neanche salutare, spesso lasciando a metà il discorso.

Lockdown e  coprifuoco hanno reso ancora più grave l'emergenza alcolismo
Lockdown e  coprifuoco hanno reso ancora più grave l'emergenza alcolismo
Lockdown e coprifuoco hanno reso ancora più grave l'emergenza alcolismo

Rituffandosi in quella vita parallela che il lunghissimo lockdown ha reso infernale per un numero sempre maggiore di persone. Chiusi in casa, gli schiavi dell'alcol sono diventati un esercito. Il boom degli acquisti di bottiglie online fa segnare un aumento del 250%. Tra ordini sull'app e consegna a domicilio è superato persino l'imbarazzo di chiedere al barista l'ennesimo bicchiere o di uscire dal market con un carrello pieno di alcolici. La solitudine di mesi e mesi di coprifuoco, di uscite vietate per decreto governativo si sconfigge così. Ecco l'altra emergenza che il Covid ha reso più grave, parallelamente alla depressione: l'alcolismo. Più anonimo e più solitario che mai, visto che tutto si consuma tra le quattro mura di casa. Tra gli sconosciuti amici di Clubhouse è l'ora delle confessioni: "Vivo da solo, sono uno studente universitario fuori sede, non posso neanche andare a lezione, trascorro tutte le mie giornate in casa - racconta Antonello, accento pugliese, trapiantato a Bologna da tre anni - Le serate con gli amici erano un modo per rendere meno asfissiante il ritmo delle giornate. Ora cosa devo fare? Bevo da solo, anche perché i miei coinquilini hanno lasciato la casa".

:Alcolismo e depressione sono effetti collaterali dell'isolamento forzato
:Alcolismo e depressione sono effetti collaterali dell'isolamento forzato
:Alcolismo e depressione sono effetti collaterali dell'isolamento forzato

Non ci sono voci fuori dal coro, nella room delle sbronza. Non è uno spazio per enologi o sommelier quello che si crea nell'ultimo nato dei social network. Qui c'è solo gente che ha solo l'esigenza di affogare la noia di serate sempre uguali. E così qualcuno organizza il brindisi a distanza. Rum, vini rossi e vini bianchi, grappe e cocktail con mille ingredienti. "Non c'è niente di male se facciamo finta di essere insieme, come se fossimo al tavolino di un bar - dice Roberto, un cinquantenne cagliaritano che si fa trovare già pronto per il cin-cin digitale - Ammetto, cari ragazzi, che in questi mesi ho esagerato un po' con le bottiglie. Se ci vietano di uscire, non ci possono anche impedire di bere dentro casa». Il problema è che il passatempo è già diventato dipendenza. E secondo gli Alcolisti anonimi, una rete che assiste oltre seimila persone in tutta Italia, coprifuoco e lockdown stanno lasciando uno strascico pesantissimo. Uno studio dell'Istituto superiore di sanità lo conferma. Le storie di chi trova il coraggio di raccontarsi, anche per convincere altre persone a chiedere aiuto, sono tutte diverse ma tutte simili. "Con il lockdown ho capito di avere un problema in più, la noia provocata dall'essere recluso in casa - scrive Giovanni, 37 anni - Già prima mi divertivo soltanto bevendo, il fatto di non poter uscire e frequentare certi locali ha peggiorato le cose. Sono diventato persino violento in casa e con gli amici". Giovani e pensionati, uomini e donne, vittime di quel cocktail terribile della clausura forzata e dell'alcol. Maria, 45 anni, ha rischiato persino di perdere il lavoro: "Lavoravo come infermiera in un pronto soccorso ma il mio problema con l'alcol mi ha resa non più idonea a quel ruolo. E così sono stata trasferita in amministrazione. Il lockdown ha fatto diventare più acuto il problema dell'isolamento e ha incoraggiato l'uso di alcol".

Noia e solitudine hanno fatto il danno peggiore ma la crisi economica ha complicato le cose. E nella trappola della bottiglia c'è finito anche chi questo problema non l'aveva mai avuto prima. "Ero un agente immobiliare - confida Riccardo - e le difficoltà economiche create dalla pandemia mi hanno messo di fronte a questo problema. Mi sono rivolto all'associazione degli Alcolisti anonimi ma dopo un mese mi sono allontanato e ho ricominciato a bere. Per fortuna sono stati loro a ricontattami e così sono riuscito a interrompere questo incubo". Non tutti però ce l'hanno fatta e la conclusione più drammatica dell'illusione felice del bicchiere ha fatto crescere anche il numero dei suicidi. "Quattro persone che conoscevo si sono tolte la vita nel primo periodo di lockdown - dice Pasquale, casertano di 55 anni - Poi abbiamo assistito alla ricaduta di tante persone che erano uscite dalla dipendenza. E nei nostri club purtroppo ci sono stati tanti nuovi arrivati".
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