Milionari e miliardari. Crescono gli uni, aumentano gli altri. In Italia i grandi patrimoni continuano a lievitare, con buona pace del dibattito politico che da sinistra ripropone, di tanto in tanto, la soluzione della patrimoniale per riequilibrare le disuguaglianze. Ma puntualmente, da destra, arriva stizzito lo stop. In Spagna, per dire, dove il Governo socialista di Pedro Sanchez non ci ha visto nulla di male a tassare la ricchezza, l’imposta progressiva ha fatto entrare nelle casse dello Stato due miliardi di euro. E oggi l’economia iberica è considerata la locomotiva dell’Europa, con il Pil che viaggia a una media del +3% annuo.

Per tornare al nostro Paese, partiamo dagli Hnwi. L’acronimo è inglese e sta per High net worth individual. Ovvero, individuo con alto patrimonio netto. Gli italiani che possono contare su capitali superiori al milione di dollari sono 472mila, l’0,8% della popolazione (attestata poco sotto i 59 milioni di residenti). I numeri sui Paperoni col Tricolore arrivano da Ener2Crowd, piattaforma di investimenti. Dentro questo grande contenitore della ricchezza ci sono poi i very hnwi, cioè coloro che dispongono di oltre 5 milioni di dollari. Sono 88mila, lo 0,15% degli abitanti. Non è finita: in crescita pure gli Uhnwi, l’aggiustamento dell’acronimo che indica i patrimoni ultra alti che superano i 30 milioni. Alla base della piramide ecco invece i sub-Hnwi, fortunati pure loro, in ogni caso: 250mila dollari di liquidità e una capacità di investimenti pari ad almeno 25mila euro annui. In questo gruppo rientrano 3,1 milioni di italiani. 

Nel nostro Paese la medaglia del più ricco – finora inarrivabile – ce l’ha Giovanni Ferrero, l’imprenditore piemontese dei dolci, alla guida dell’azienda di Alba, dove viene prodotta la Nutella. La ricchezza di Ferrero ammonta a 38,2 miliardi di dollari, 41° patrimonio su scala mondiale, sesto in Europa. Rispetto a un anno fa, però, la fortuna di Ferrero ha perso un pezzetto, visto che nel 2024 valeva 43,8 miliardi.

Distaccato, in seconda posizione, c’è Andrea Pignataro, fondatore di Ion Group, base a Londra. L’azienda sviluppa e fornisce software, ma si occupa anche di dati e servizi per istituzioni finanziarie, dalle banche centrali e grandi aziende. La sua ricchezza è stimata tra i 27,5 a 34,2 miliardi. Terzo, dopo una scalata che continua inarrestabile, l’ex chirurgo Giancarlo Devasini, primo azionista e direttore finanziario di Tether, una delle principali stablecoin al mondo, i soldi virtuali considerati però molto più stabili rispetto ai bitcoin. Devasini, entrato nell’azionariato della Juventus, è a capo di un impero valutato in 22,4 miliardi.

L’eredità lasciata da Giorgio Armani è il quarto patrimonio privato più corposo d’Italia: 11,8 miliardi. Quindi il socio di Devasini, Paolo Ardoino, che di Tether è l’amministratore delegato: la sua ricchezza si ferma, si fa per dire, a 9,5 miliardi. Ancora: al sesto posto c’è Piero Ferrari, figlio di Enzo, patron della Rossa più invidiata al mondo (a volte anche la più veloce...): per lui 8,6 miliardi di patrimonio, in calo dai 9,2 del 2024.

Segue Francesco Gaetano Caltagirone, imprenditore, costruttore edile e imprenditore: 8,2 miliardi di tesoretto, solo un anno fa era 22°. Quindi Massimiliana Landini Aleotti, alla guida della casa farmaceutica Menarini: 7,2 miliardi che valgono l’ottava posizione della classifica italiana. Il nono posto, con 6,6 miliardi, è un ex aequo: questa la ricchezza dei Prada, di Miuccia e del marito Patrizio Bertelli, ma anche degli otto eredi Del Vecchio, dopo la morte del capostipite Leonardo. Con 6 miliardi tondi, chiude la top ten dei Paperoni italiani Gianfelice Rocca, presidente del gruppo industriale Techint e dell'Istituto Clinico Humanitas.

Sullo sfondo le diseguaglianze sociali: il 5% degli italiani con i patrimoni più grandi detengono il 48% della ricchezza nazionale. Il 20% dei cittadini più poveri pesano sulla bilancia finanziaria lo 0,27%. Numeri enormi che valgono distanze ancora peggiori.

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