Federica Salis, un’allenatrice delle giovanili che lotta contro le diffidenze del calcio
Sassarese, 33 anni, ha il patentino Uefa C: “Ci sono ancora troppi pregiudizi”Nella foto Federica Salis, 33 anni (foto Tellini)
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Federica Salis, sassarese, 33 anni, diplomata in socio-psico-pedagogia, è cresciuta con un grande amore: il calcio. E la voglia di insegnarlo ai bambini. È tra le poche donne in Sardegna (sono 3 a Sassari) ad avere il patentino di tecnico UEFA C, che le consente di allenare sino alla Juniores. Per lei non è stato facile inserirsi in un mondo tradizionalmente maschilista come il calcio.
Federica, quando è iniziata questa passione?
“Da piccola. Ho sempre amato profondamente i bambini e mi piace stare con loro, accompagnandoli nel percorso di crescita umana e sportiva”.
Quando ha conseguito l'abilitazione dalla Figc?
“Nel 2018, una soddisfazione enorme che ha coronato tanti anni di sacrifici”.
E anche di diffidenza.
“Posso dire che i bambini mi amano e mi hanno sempre amata. Anche una grande parte di genitori. Poi ci sono i genitori, anche diverse mamme, che vivono di pregiudizi, troppi, e faticano al pensiero che una donna possa allenare il proprio figlio maschio. Alcuni di essi poi si ravvedono, altri rimangono nelle stesse posizioni. Ma io vado avanti lo stesso. Cercando sempre il dialogo, anche quando è difficile”.
Ha avuto episodi palesi di intolleranza?
“Qualcuno sì. E mi dispiacque molto. L'anno scorso un genitore interruppe un allenamento e mi dedicò, davanti al figlio, frasi non particolarmente gentili. Gli chiesi spiegazioni a fine allenamento, mi arrivarono solo parzialmente. Ma è acqua passata. Mi piace guardare avanti”.
Quali sono state le sue esperienze di tecnico dei bambini?
“Ho lavorato ultimamente 5 anni per il Latte Dolce. Un'esperienza per me fondamentale. È una società strutturata e si può lavorare bene. Ma non posso dimenticare i primi anni formativi al Cus Sassari”.
In questa stagione quale formazione allenerà?
“Ho deciso di cambiare e di avere nuovi stimoli. Per cui ho accettato l'offerta dell'Usinese, in particolar modo del responsabile della scuola calcio Salvatore Cannoni, con il quale c'è grande intesa. Allenerò i bambini sino ai 5-6 anni di età. Darò tutta me stessa e sono convinta che sarà un successo”.
Quale metodo usa con i suoi allievi?
“Naturalmente per quella età è da preferire l'attività ludica. I bambini devono imparare la coordinazione, stare insieme, condurre la palla. Giocare insomma. Anche due contro due, tre contro tre. Come si faceva una volta nelle strade. Ma all'interno delle regole, che i bambini devono rispettare. Perché soprattutto questa è crescita”.
Un percorso quindi impegnativo.
“Molto. Occorre tanta pazienza. E bisogna essere portati per questo. Per me è come una missione. Non saprei stare senza i miei bambini. Senza osservare i loro miglioramenti”.
Quale messaggio vuole mandare al calcio?
“Il tecnico non insegna ai bambini solo a calciare una palla, ma li aiuta a vivere la quotidianità della vita. Il bambino deve vivere lo sport con gioia, possibilmente non condizionato dalle ambizioni di certi genitori”.