Se pensiamo a quei cineasti moderni capaci - anche solo con un’immagine - di farsi immediatamente riconoscere tra i differenti modi di adoperare la cinepresa, Wes Anderson gode senza dubbio di un posto d’onore in questa specifica categoria. Il regista e sceneggiatore statunitense s’è guadagnato il consenso del pubblico internazionale non solo per il contenuto atipico dei suoi script, ma soprattutto per il suo stile visivo totalmente fuori dagli schemi.

Lontano dal più comune sensazionalismo ad alto budget, Anderson è stato capace di far coesistere le influenze dei più grandi director del passato con un’impostazione estetica fortemente caricaturale e surrealista. E dopo il successo di titoli come “I Tenenbaum”, “Fantastic Mr. Fox” e “The Grand Budapest Hotel” ha dato ulteriormente prova della sua invidiabile maestria nel più recente “Asteroid City”, presentato in concorso all’ultima edizione del Festival di Cannes e uscito nelle sale italiane il 28 settembre.

Un titolo che rispecchia la maturazione del suo percorso espressivo e chiama a raccolta - come da tradizione - una nutrita schiera di star hollywoodiane, dando vita a un concentrato irresistibile d’ironia, fantasia e sottile critica sociale. Per quanto il cinema di Anderson possa sembrare per molti aspetti indescrivibile, a cui sarebbe preferibile affiancare una fruizione non troppo condizionata da opinioni esterne, gli attori Hope Davis e Steve Park son stati intervistati di recente per esprimere le proprie considerazioni sull’esperienza vissuta durante le riprese e sul messaggio di fondo che si nasconde dietro l’opera. Davis ha descritto “Asteroid City” come «un’esortazione a non dare per scontato cosa ci sia là fuori o cosa no. Ci penso ogni giorno a quanto sia difficile convivere tutti insieme su questo pianeta. Penso che sia nella natura umana creare delle tribù. Lo vedo anche nei miei figli: vanno a scuola e non capisco perché questi bambini non possano andare tutti d'accordo e vedere il meglio gli uni degli altri. Penso che ci venga spontaneo formare dei gruppi e distinguerci in noi e loro. La cosa bella di questo film è che le persone sono bloccate insieme e, con il passare dei giorni, cominciano a conoscersi e a diventare una comunità». Il collega Park ha invece sostenuto che «nel mondo e nei film di Wes Anderson può succedere di tutto. Bisogna aspettarsi l'inaspettato».

Anche i momenti di condivisione fuori dal set son stati fondamentali per immergersi appieno nell’atmosfera che Anderson ha voluto ricreare. Come dichiarato dall’attore Rupert Friend: «Vivere in un film di Wes Anderson è fantastico: noi abbiamo avuto la fortuna di poterlo fare. Per noi era la vita reale. Il tempo che abbiamo passato insieme fuori dal set è stato bellissimo. Abbiamo vissuto insieme in un monastero in Spagna. Cenavamo sempre insieme. Giocavamo a carte, preparandoci».

A poco più di tre mesi dall’uscita di “Asteroid City” nel nostro paese, scopriamo che Anderson è attualmente impegnato nei lavori per la sua prossima pellicola. Si tratterà di uno spy movie con protagonisti i ben noti Bill Murray e Benicio Del Toro, già apparsi nei precedenti titoli del regista; al duo prenderà parte anche Michael Cera, visto giusto di recente nel campione d’incassi “Barbie” di Greta Gerwig.

Si tratterrebbe inoltre, come dichiarato da World Of Reel, di un progetto sul quale Anderson starebbe dedicandosi da parecchio tempo. Ha lavorato alla sceneggiatura insieme a Roman Coppola e ne ha ultimato la stesura prima del recente sciopero di attori e sceneggiatori.

Con le riprese che dovrebbero cominciare fra pochi mesi, Anderson sembra ancora piuttosto abbottonato nel riferire i dettagli di questa nuova produzione. Per il momento s’è limitato a dire: «Non posso dirvi molto di più, tranne che si tratterà di spionaggio, di un rapporto padre-figlia con, diciamo, un lato piuttosto oscuro». Chissà in quali altri modi imprevedibili il geniale filmaker riuscirà nuovamente a stupirci, resta solo da rimanere pazienti e attendere con buone aspettative tutte le prossime informazioni.

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