C’è bisogno di ben poche presentazioni quando si fa il nome di Steven Spielberg. Lo storico cineasta americano è considerato da molti il più importante director esistente, grazie alla fila interminabile di successi - tanto per il cinema d’intrattenimento come per quello più impegnato delle tematiche sociali - che ha saputo realizzare nel corso di oltre cinquant’anni di carriera. Diretto esponente della “Nuova Hollywood”, insieme a pezzi da novanta come Martin Scorsese e George Lucas, la consacrazione al successo planetario è avvenuta nel 1975 con “Lo Squalo”, film ad alta tensione estremamente innovativo per l’epoca e ancora oggi capace di suscitare una certa inquietudine agli occhi degli spettatori. 

Dal prodotto mainstream come “Jurassic Park” e la trilogia di “Indiana Jones” a capolavori intramontabili come “Schindler’s” List” e “Salvate il soldato Ryan”, Spielberg ha sempre dato prova di un talento innato nel riuscire a conciliare il gusto del pubblico. A ricordarcelo non è solo una ricchissima filmografia, ma anche il conseguimento di ben quattro premi Oscar - tra cui uno per il miglior film e due per la miglior regia - e numerose altre candidature, curiosità e aneddoti. 

Con l’ultima pellicola d’ispirazione autobiografica “The Fablemans” è stato finalmente possibile osservare più da vicino gli episodi centrali e i traguardi che han plasmato nel tempo il percorso del director. Un’opera di rara sensibilità, come uno dei progetti più personali e rischiosi, che a fronte di un deludente riscontro nelle sale ha saputo conquistare i pareri della critica specializzata vincendo il Golden Globe come miglior film drammatico.

E rispetto ai primi esperimenti filmici che resero possibile negli anni successivi l’ingaggio in progetti ben più ambiziosi - come avvenuto per “Incontri ravvicinati del terzo tipo”, nato da un primo lungometraggio sugli UFO costato appena cinquecento dollari - ricordiamo che il battesimo dietro la macchina da presa avvenne quando Spielberg aveva appena 13 anni. Intitolata “The Last Gun”, la sua prima creazione è stata girata allo scopo di ottenere in cambio un distintivo da boy scout. Visto da pochissime persone, il prodotto finito è stato poi mostrato al capo scout, che per il lavoro compiuto ripagò Spielberg col distintivo del fotografo da applicare all’uniforme. 

Realizzato in Arizona nel 1959, nel luogo dove il regista si trasferì due anni prima insieme alla famiglia, “The Last Gun” non sarebbe stato possibile senza la cinepresa da 8mm regalatagli dal padre, da cui prese il via la sua irrefrenabile passione per la regia. Dopo il riscontro del capo scout, Spielberg potè guadagnarsi anche il rispetto dei compagni di truppa, cominciando così a filmare le loro spedizioni.

Dalla biografia ufficiale traiamo alcune considerazioni rilasciate da uno dei partecipanti alle prime riprese in 8mm: «Divenne una persona completamente diversa, tanto che io, come studente di seconda media, rimasi impressionato. Aveva al suo servizio tutti giocatori di football e diceva loro cosa fare».

Pur sapendo che ormai “The Last Gun” è andato perduto, e con poche altre informazioni a disposizione, possiamo tuttavia affermare che il corto s’ispirava ad alcuni film di John Ford, da sempre uno dei massimi punti di riferimento per Spielberg nel consolidamento del suo stile.   

Per ciò che riguarda invece le prossime uscite, l’inarrestabile director ha curato la produzione, insieme al collega Martin Scorsese, della serie televisiva ispirata al classico del 91 “Cape Fear: il promontorio della paura”. Attualmente in fase di sviluppo presso UCP, si tratta della prima collaborazione televisiva tra i due maestri ed oggi possiamo averne un primo assaggio con la sinossi ufficiale: «Una tempesta è in arrivo per una coppia di avvocati sposati quando un famigerato killer che appartiene al loro passato viene rilasciato dopo anni di prigione. Un thriller teso e contemporaneo che esamina l'ossessione dell'America per il true crime nel 21° secolo».

Giovanni Scanu

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