Ne ha fatta di strada Robert Downey Jr. da quando il suo “Iron Man” ha visto la luce nel lontano 2008. Oltre ad aver stabilito un indice di gradimento senza precedenti per il personaggio di Tony Stark - geniale multimilionario inventore di una speciale tuta ad altissima tecnologia - il primo film targato Marvel Studios ha dato il via all’universo crossmediale del “Marvel Cinematic Universe”, che come sappiamo si compone oggi - tra cinema e televisione - di varie saghe fumettistiche legate insieme in un unico, grande filone narrativo. Ed oltre alla geniale mossa produttiva che ha segnato la fortuna degli studios, a giovarne è stato in particolare l’attore americano, per aver trovato nella figura dell’uomo di ferro - dopo i passati trascorsi di dipendenza dalla droga - l’occasione del suo riscatto.

Intervistato per conto di The Hollywood Reporter, Downey è tornato indietro coi ricordi, definendo la scelta di lanciarsi nel mondo dei cinecomics come un vero e proprio salto nel buio. In quel periodo - dice l’attore - gli studios avevano «lasciato che i pazzi gestissero il manicomio». Alla domanda se avesse avuto qualche esitazione nell’accettare la proposta d’ingaggio, Downey ha risposto: «No, perché tutti coloro che conoscono il regista di Iron Man, Jon Favreau, non avrebbero avuto dubbi. Ricordo di aver visto Swingers, e dopo aver sentito il suo monologo ho chiesto 'Chi lo ha scritto? Chi è questo tizio? Ha frequentato la Bronx High School of Science, ha fatto improvvisazione a Chicago e proveniamo entrambi dal Queens. Dovevamo fare questa cosa insieme! Inoltre, non c'era alcuna certezza reale che tutto ciò sarebbe decollato. Iron Man era un eroe di secondo piano. La Marvel ha lasciato che i pazzi gestissero il manicomio per un po', quindi all'inizio era un approccio completamente indipendente a un film di genere».

Ripercorrendo le tappe che hanno determinato il successo dell’MCU, una collaborazione vincente come quella tra Downey e John Favreau, oltre alla libertà creativa data da un coinvolgimento non intrusivo nelle fasi di sviluppo, sono stati assolutamente fondamentali nel consolidare l’apprezzamento del pubblico. Non è un caso infatti che Favreau abbia curato la sceneggiatura di molti altri blockbuster tratti dallo stesso universo, come quella del colossale “Avengers: Endgame” dove abbiamo assistito al toccante epilogo del personaggio di Iron Man. Proprio nel merito di un suo potenziale ritorno, che starebbe prendendo vita anche tra le recenti voci di corridoio, il presidente dei Marvel Studios Kevin Faige s’è espresso col giusto riguardo affermando che Downey è «parte della famiglia, ma sul suo eventuale ritorno bisognerà vedere». Meno confortanti le dichiarazioni rilasciate a Vanity Fair, che commentano così: «Conserveremo quel momento e non lo toccheremo più. Abbiamo lavorato tutti molto duramente per molti anni per arrivare a questo, e non vorremmo mai annullarlo magicamente in alcun modo».

Anche Joe Russo, co-regista di “Avengers: Endgame” insieme al fratello Anthony, ha lasciato ben poco da sperare con le sue ultime dichiarazioni: «Ci eravamo già salutati in lacrime l'ultimo giorno di riprese. Tutti abbiamo cercato di superare quel momento. Gli abbiamo promesso che sarebbe stata l'ultima volta che glielo avremmo fatto fare, in assoluto». Ma viste le recenti manovre di riassestamento tra i piani alti, chissà che sul ritorno di Iron Man sia preferibile lasciare ogni speranza o aspettarsi invece qualche gradita sorpresa. Ciò che al contrario possiamo dare per certa è la qualità dell’interpretazione di Downey nei panni del supereroe.

Proprio pochi giorni fa, l’attore si sarebbe schierato contro i pregiudizi della critica, che per il fatto di aver recitato in questa categoria di film avrebbe preso sottogamba la sua performance. Ai microfoni del podcast Literally! l’attore ha sostenuto: «Mi sono sentito così esposto dopo essere stato nel bozzolo della Marvel per tanti anni, dove credo di aver fatto uno dei migliori lavori in tutta la carriera. Ma penso che la mia recitazione sia passata in secondo piano a causa del genere. Ho fatto un favore a me stesso, perché mi è stato tolto definitivamente il tappeto da sotto i piedi e tutte le cose a cui mi appoggiavo rispetto alla mia concezione di fiducia e sicurezza sono evaporate. E la cosa assurda, come dice il detto, è che quando lo studente è pronto il maestro prima o poi arriva. E alla fine è quello che è successo, Nolan è arrivato».

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