Paolo Fresu: «Il concertone a Roma? Troppo lungo e poca attenzione ai musicisti precari»
Per il musicista di Berchidda «neanche la pandemia ha spinto a una riflessione, è un’ecatombe»Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Un concerto «durato troppo» e poca attenzione alla condizione precaria dei lavoratori dello spettacolo, nonostante si trattasse di «un evento legato al lavoro». Il trombettista Paolo Fresu, all’indomani del concertone del primo maggio a Roma, torna sui suoi social con una provocazione: «Mi chiedo come può essere – scrive l’artista – che, in un evento dedicato al lavoro (perché il primo maggio resta la festa dei lavoratori come il 25 aprile resta la festa della liberazione) si sia parlato per poco meno di un minuto della precaria condizione dei lavoratori dello spettacolo».
«Sembra ieri che lanciammo la petizione “#velesuoniamo”(62478 firme) – continua Fresu – quando il Coronavirus bussò alle nostre vite. Ed è oggi che, a pandemia conclusa, riflettiamo sulla condizione dei professionisti dello spettacolo consci che si sia perduto parte del suo precario esercito senza che sia stato fatto nulla per dare al nostro mondo uno statuto civile al pari degli altri paesi europei».
Nel post condiviso sulla sua pagina Facebook, il musicista di Berchidda ha ricordato quanto «speravamo che la pandemia potesse servire, tra le centinaia di migliaia di morti, perlomeno a sollecitare una riflessione anche su questo tema ma questa è stata fievole e passeggera e, soprattutto, non ha prodotto alcun risultato se non qualche indignitosa mancia. Allora provavamo a suonarle agli altri. Ieri, tristemente, al Concertone se le sono cantate e suonate da soli. Non è più una moria, è una ecatombe».
(Unioneonline/v.f.)