In Sardegna, a La Maddalena, Giobbe Covatta ha fatto le elementari. Con Giuseppe Garibaldi. «Ma nonostante la mia veneranda età - precisa con la consueta autoironia – non era l’“eroe dei due mondi”, bensì il nipote». Ricordi straordinari legano il comico, scrittore e attivista pugliese, classe 1956, all’Isola, in cui approdò negli ‘60 al seguito del padre, ufficiale della Marina mercantile.

«Ho vissuto un’altra Sardegna, bellissima e quasi deserta: avevo il dentista a Sassari e quando mi ci portavano per il viaggio, che durava 2 giorni, preparavamo panini, thermos e coperte. Però, per un bambino come me, non particolarmente abile, era possibile pescare una cernia di 27 chili>, rammenta tra il serio e il faceto Covatta, che della comicità, innata, ha fatto una professione. Trovandola uno straordinario mezzo di comunicazione. Con questa chiave porta in Sardegna “6° (sei gradi)”, lo spettacolo che inaugura domani alle 21 la 6ª edizione del festival teatrale “Marina Nonviolenta” al Teatro Sant’Eulalia di Cagliari: 6 è infatti l'aumento in gradi centigradi della temperatura del nostro pianeta e un tema serio. <Perché sono sufficienti e indispensabili all’estinzione umana», sottolinea Covatta.

È l’inevitabile futuro?

«Qualche giorno fa ero da mia madre, che a 96 anni mi ha regalato un giaccone pesante, preoccupandosi che non prendessi freddo, per poi lamentarsi: “Non l’hai mai messo!”. “Mamma”, le ho risposto, “quest’inverno non ho mai messo il cappotto! La bombola del gas per il riscaldamento l’ho cambiata la settimana scorsa, e siamo a febbraio”. Lo dico per dire che mi allarmo non ad agosto, quando abbiamo 40°, ma se ne abbiamo 23 a febbraio: può succedere che un anno sia più caldo e uno più freddo, non è un valore assoluto, ma quando quello relativo continua a esserci dieci volte su dieci diventa un fattore pesante e un indicatore specifico».

Cosa si può fare?

«Da sempre, da quando è nato il potere, il giullare fa le domande e il re dà le risposte: non ci si può aspettare che il giullare faccia le domande e dia anche le risposte. Per fare le cose bisogna avere il potere, come la politica. Però so che l’ambiente non è il problema, ma la precondizione: i problemi sono altri, l’economia, il lavoro che non si trova, i femminicidi, mentre l’ambiente è la precondizione, perché ci sostiene e ci supporta. È come se fossimo all’interno di una casa che brucia: chi si preoccupa della spesa nel frigo che va a male perché non c’è corrente elettrica, chi di salvare il divano o delle pareti che anneriscono per il fumo, ma nessuno cerca l’estintore. Dov’è l’estintore? Chi ce lo dà?».

Un “pro” dei tempi che viviamo?

«Quand’ero ragazzo pensavo che in un futuro prossimo fare il giro del mondo, arrivare in Australia o nella foresta amazzonica, sarebbe stato velocissimo. Mi sbagliavo, ma il mio era solo un errore di valutazione: con Internet e l’era digitale sono l’Australia e la foresta amazzonica a essere arrivate da me. Il mondo è diventato più piccolo, e questo mi piace».

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