Cotraddistinto da un talento ed una personalità tanto riconoscibili da risultare unici nel suo caso, per onorare insieme il traguardo dei suoi ottant’anni proponiamo una breve retrospettiva di alcuni dei ruoli che hanno definito il genio di Christopher Walken, innalzandolo a prezioso punto di riferimento nel panorama cinematografico degli ultimi cinquant’anni.

Da esponente di spicco della New Hollywood a disinvolto professionista capace di distinguersi anche nell’era dei blockbuster, la qualità che forse meglio di tutte lo inquadra nel suo insieme è quella di spaziare daa personaggi ambigui, instabili o pericolosi ad altri in cui emerge più forte l’ironia e la leggerezza, giocando tra il dramma e la parodia senza soluzione di continuità. Ecco allora alcuni esempi fra i titoli imperdibili in cui l’attore ha dato il meglio di se.

Nel capolavoro di Woody Allen del 1977 noto a tutti col nome di  “Io e Annie”, Walken partecipa alle vicende della traballante coppia dal punto di vista dell’eccentrico personaggio di Duane. L’intima confessione che fa ad Alvy - di provare talvolta l’impulso a guidare contromano per strada, fantasticando sul fragore delle auto che si scontrano, sul rompersi dei vetri e e sulla benzina che impregna l’asfalto - è sicuramente uno dei momenti più iconici di tutta la pellicola, grazie all’eccezionale effetto tragicomico che ne scaturisce in cui la distinta serietà del giovane, frutto del suo disagio personale, si antepone alla cinica - seppur esilarante - mancata empatia del malcapitato che ascolta. Un estratto del film che susciterà ulteriore ilarità proseguendo nella visione, quando Alvy sarà costretto a farsi accompagnare in macchina proprio da Duane per arrivare puntuale in aeroporto. 

Nella fase di massima espressione della New Hollywood, il cult-movie del 1978 di Miachel Cimino intitolato “Il cacciatore” ha saputo ricostruire le storie di alcuni giovani della Pennsylvania profondamente segnati dall’esperienza del conflitto nel Vietnam. Col personaggio di Nikanor Chevatorevich, - originario della comunità russo-americana - Walken impersona proprio uno di questi. Prima della chiamata alle armi condivideva insieme ai compagni il giusto di imbracciare i fucili al solo scopo di cacciare, scoprendo ben presto - suo malgrado - quanto quegli arnesi potessero diventare brutali strumenti di morte. Memorabile il momento della cattura da parte dei vietcong che li obbligherà a una lunga serie di torture, come nella famosissima scena della roulette russa. Per la sua interpretazione, valorizzando con straordinaria credibilità il dramma dei reduci dopo i traumi subiti nei teatri di guerra, l’attore vincerà il premio Oscar come miglior attore non protagonista

Il film di Tim Burton del 1992 sulle avventure dell’uomo pipistrello intitolato “Batman - il ritorno” è considerato ancora oggi un punto di riferimento per il genere del cinecomic e una base d’ispirazione quando si tratta di far convivere insieme le peripezie dei vari eroi, antieroi e villains. Grazie all’eccezionale scrittura di cui godono i personaggi - dal Batman di Michael Keaton al Pinguino di Danny DeVito - Walken ancora una volta lascia il segno interpretando Max Shreck, un uomo di potere apparentemente onesto e responsabile, animato invece da una cinica ambizione senza sconti o mezze misure. Sicuramente uno dei migliori antagonisti a tema fumettistico mai conosciuti nel mondo del cinema. 

Scritto da Quentin Tarantino con la regia di Tony Scott, il film del 1993 “Una vita al massimo” è oggi riconosciuto dal pubblico di appassionati come un vero e proprio cult, proiettandoci nella fuga ad alto tasso di adrenalina in cui si imbattono un venditore di fumetti e un’ex prostituita che, per un errore del caso, dovranno liberarsi di una valigia piena di cocaina mentre sfuggono alla polizia e alle mire di un’organizzazione mafiosa. In questo mix esplosivo Walken trova spazio dando vita al temibile Vincenzo Cocotti, un affiliato della mafia siciliana in cerca di suo figlio. Nella scena in cui Clifford - interpretato da Dennis Hopper - si sfoga contro tutta la genia sicula mentre Cocotti lo ascolta divertito vedendo fino a che punto il prigioniero è capace di spingersi, assistiamo ad una combinazione vincente di brillante scrittura e magistrale interpretazione. Un momento del film che Tarantino stesso ha definito “la scena più bella che abbia mai scritto”. 

Tra le opere più riuscite di Steven Spielberg c’è sicuramente “Prova a prendermi”, del 2002, ovvero la storia di Frank William Abagnale Jr, un giovane in lotta contro le avversità che tenta di sfuggire, dopo una lunga serie di imprevedibili situazioni e reiterate truffe, alla caccia spietata dell’Fbi. In un’avvincente gara di furbizie messa in campo dai protagonisti - Leonardo di Caprio e Tom Hanks al meglio della loro forma - il ruolo di Frank Abagnale Sr. viene assegnato a Walken e va ad inserirsi, nello specifico, tra le problematiche familiari e i delicati rapporti genitori-figli che il regista pone in evidenza. Il padre di Frank Jr. corrisponde perciò all’eroe che il figlio ha sempre preso come riferimento, nelle situazioni alle quali s’è ispirato per scampare alla giustizia come nei momenti in cui ogni sforzo e sofferenza hanno significato un intimo bisogno di riconoscimento e accettazione. 

Giovanni Scanu

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