Girocollo nero, passo serrato, sguardo basso: Alessandra Amoroso entra al roof del Teatro Ariston per la solita conferenza stampa con una lettera in mano. E subito ci si rende conto che qualcosa non va.

«Prima di passare alle vostre domande – esordisce - dato che in questo ultimo anno e mezzo nella mia vita sono successe un po’ di cose, le ho volute scrivere perché non volevo perdere pezzi per strada. E quindi inizio a leggere».

Per dieci minuti la cantante salentina, 37 anni, vomita parole di rabbia, un racconto angosciante di quanto ha subito in circa un anno e mezzo. Ossia da quando un selfie negato a una fan, con tanto di video finito sui social e diventato virale, ha dato il via alla ben nota gogna mediatica: «Mi sono sentita sopraffare da situazioni che in 15 anni non mi ero mai trovata a dover affrontare. Una valanga d’odio mi ha investita da un giorno all’altro. Non parlo dei meme, su cui ho sempre scherzato. Ma insulti gravi e minacce di morte che mi arrivavano quotidianamente».

Quindi l’elenco: «Ancora parli, ma non ti fai schifo da sola?», «Venduta», «Hai qualche disturbo», «Che donna di mer... sei una vergogna per i tuoi genitori». Da quel momento «ho deciso di allontanarmi. Avevo bisogno di prendermi tempo per ritrovare equilibrio. Sono scappata in Colombia e per tutto il periodo che sono rimasta lì non c’è mai stato un momento in cui mi sia detta di voler tornare. Sentivo la necessità di stare lontano».

Finché, a febbraio 2023, «dopo una chiamata del mio migliore amico mi sono detta di dover tornare in Italia e affrontare quello che avevo lasciato. Quando sono rientrata ho ripreso il mio percorso di psicoterapia e non è stato facile. Ma piano piano mi ha aiutato a trovare una prospettiva nuova e mi sono riavvicinata alla musica».

“Fino a qui”, scritta con Takagi e Ketra, racconta il suo percorso di consapevolezza e la sua voglia di riscatto. Come Sally «mi sono trovata a pensare che non ho più voglia di fare la guerra» ma adesso «mi sento una persona nuova e ho imparato ad accogliere il brutto, perché il brutto esiste. Ho deciso di girare la testa, guardare quello che di bello ho accanto». 

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