Una morte che ha cambiato la storia della musica mondiale, creando una profonda frattura tra il prima e il dopo.

Kurt Cobain aveva soltanto 27 anni il 5 aprile 1994, trent’anni fa, quando iniettò nel suo sangue una dose altissima di eroina, pari a 1,52 milligrammi/litro, a cui aggiunse anche del Valium.

Poi il frontman dei Nirvana, dopo aver scritto una lettera dedicata a Boddah, il suo amico immaginario, si autoinflisse un colpo di fucile alla testa. Il cadavere fu ritrovato all’interno della serra, nei pressi del garage, soltanto tre giorni più tardi da Gary Smith, elettricista della Veca Electric, giunto nell’abitazione per installare l’impianto di illuminazione.

All’interno della lettera al suo Boddah il dramma interiore del cantante dei Nirvana, l’insofferenza per il mercato discografico e per i palchi. Fino alla dichiarazione d’amore per la moglie Courtney Love e la piccola figlia Frances Bean Cobain, di soli due anni. Una lettera che l’ispettore Tom Grant ha sempre pensato non fosse una vera e propria lettera che annunciava il suicidio, ma uno scritto di addio alla musica.

Meno di sei mesi prima, nel novembre del 1993, Kurt Cobain si era esibito con i Nirvana nel programma MTV Unplugged in New York, considerato dai più il loro miglior concerto.

L’ultima apparizione televisiva era stata proprio in Italia, il 23 febbraio 1994, nel programma di Rai 3 “Tunnel”, condotto da Serena Dandini, cantando Serve the Servants e Dumb.

(Unioneonline)

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