"Gentile redazione,

vi scrivo in relazione al vostro articolo dal titolo "Boom dei matrimoni civili in Sardegna: un dato che fa riflettere".

Da circa due anni sono fidanzato con una ragazza originaria di Oristano. Entrambi viviamo e lavoriamo a Bruxelles, dove ci siamo conosciuti.

Da qualche mese abbiamo deciso di sposarci e il nostro sogno era poter celebrare il matrimonio in riva al mare.

Abbiamo abdicato all'idea essendo cattolici e non essendo prevista la possibilità di celebrazione all'aperto. La mia ragazza aveva così provato a chiedere la possibilità di sposarci nella chiesa di San Giovanni del Sinis, a Cabras, luogo dove la mia compagna ha passato l'infanzia e a cui si sente molto legata.

In virtù di rigide norme diocesane, tuttavia, non è possibile sposarsi se non in chiese parrocchiali.

Abbiamo chiesto al Vescovo, come previsto dalle linee guida della CEI, una deroga, ma non ci è stata concessa.

Allo stato ci rimangono pertanto tre opzioni:

- scegliere di celebrare il matrimonio in una chiesa non gradita, frustrando quello che dovrebbe essere il giorno più bello della nostra vita;

- celebrare il matrimonio civile in una cornice mozzafiato, rinunciando alla cerimonia religiosa;

- optare per una diversa diocesi e una chiesa che possa darci l'opportunità di non rinunciare al rito cattolico, ma in una cornice gradevole.

Per parte nostra sceglieremo la terza opzione.

Riguardo al Vostro articolo, tuttavia, segnalo che sulla base della nostra esperienza, molte coppie si sono trovate certamente davanti al nostro dilemma, scegliendo di 'sacrificare' la celebrazione canonica.

A completamento di quanto da Voi scritto, pertanto, mi permetto, alla luce dell'esperienza da noi fatta, di segnalare una delle possibile ragioni dietro al sorpasso delle unioni civili. Non certamente l'unica, ma di sicuro una delle possibili cause, su cui sarebbe doverosa una riflessione.

Ringraziandovi per l'attenzione, porgo i miei più cordiali saluti".

Paolo Patruno - Bruxelles

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