Nel 1994 la vita di Nicholas Green, bimbo californiano di 7 anni, fu spezzata da un proiettile esploso durante una rapina sulla Salerno-Reggio Calabria. I genitori, Reginald e Margaret, decisero per la donazione d'organi. Oggi il signor Green dichiara che sia "sbagliato impedire di incontrare chi ha donato e chi ha ricevuto una nuova vita", chiedendo di fatto l'abolizione della conservazione dell'anonimato nel trapianto di organi.

"Ritengo che la legge italiana sia ben scritta - ha dichiarato -: quella dell'anonimato è una soluzione improntata al rispetto non solo della famiglia del donante, ma anche del ricevente e dei suoi cari".

Sul punto, è netta la posizione dell'ematologo Massimo Cardillo, fresco di nomina a direttore del Centro Nazionale Trapianti, intervenuto domenica scorsa al convegno "Sardegna, isola dei trapianti", svoltosi nella sala congressi dell'hotel Quadrifoglio a Cagliari.

Organizzato dall'associazione Prometeo Aitf-Odv, l'evento (che ha visto la partecipazione, tra gli altri, del nuovo coordinatore del Centro regionale trapianti Lorenzo D'Antonio) è stato l'occasione per fare il punto sul quadro attuale e sugli orizzonti futuri della donazione d'organi in Italia e in Sardegna.

Dottor Cardillo, lei non sposa la battaglia di Reginald Green.

"Non sono a priori contrario a una revisione della legge 91/99 sul punto dell'anonimato, a patto che, come peraltro ribadito di recente dal Comitato nazionale di Bioetica, si contempli l'intervento di una struttura specializzata che valuti in posizione di terzietà il beneficio per entrambe le famiglie coinvolte in un trapianto. Talvolta, il voler incontrare a tutti i costi il paziente trapiantato cela una non piena elaborazione del lutto, coi conseguenti rischi stante la delicatezza degli equilibri in gioco. Esprimere gratitudine è un atto nobile, ma ciò non può ammettersi senza controlli e filtri".

A buon titolo la Sardegna può dirsi terra di trapianti.

"Le medie nazionali lo confermano. Nel 2017 l'Isola è stata la regione d'Italia più generosa in fatto di donazioni d'organo, mentre l'anno scorso ha fatto registrare un trend positivo in controtendenza con l'andamento del resto del Paese".

Quali sono le priorità del suo mandato alla guida del Cnt?

"Proseguendo sul solco tracciato dal mio predecessore Alessandro Nanni Costa, come direttore del Cnt ho a cuore l'argomento della profilassi: le Asl, i medici, gli operatori territoriali hanno il dovere di promuovere tra i cittadini la cultura del corretto stile di vita, prima via di prevenzione delle patologie che possono essere curate col trapianto. Urge inoltre un salto di qualità sui fronti della identificazione dei donatori, del trapianto a cuore fermo e di quello da donatore vivente".

Quanto conta il ruolo delle associazioni?

"A mio avviso, le testimonianze dirette di pazienti tornati dopo l'intervento alla pienezza della vita, valgono più di mille parole di noi specialisti".

Quali sono i possibili scenari del futuro?

"Anzitutto, l'impiego della robotica e della chirurgia mini invasiva, oltreché della medicina rigenerativa. Ancora, sono in fase sperimentale trapianti un tempo nemmeno ipotizzabili come quello della mano, dell'utero e dei tessuti facciali. Sul fronte del donazione di rene confidiamo nel cross-over, ossia la catena di trapianti secondo modalità incrociata partendo da una donazione cosiddetta samaritana. Il benefico effetto domino che ne deriva annulla gli svantaggi dell'incompatibilità a livello immunologico all'interno della coppia donatore-ricevente".

Fabio Marcello
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