Conosciuta comunemente come stitichezza, la stipsi è una condizioni che si verifica con una evacuazione infrequente e difficoltosa, che può provocare numerosi problemi nella vita quotidiana del soggetto che ne è affetto, a causa di una continua sensazione di pienezza intestinale, con un gonfiore e un dolore che può compromettere anche le azioni più semplici.

Le tipologie

Esistono due tipologie di stipsi: quella cronica, la cui durata è superiore ai sei mesi, e quella transitoria (o acuta). La regolarità intestinale, infatti, è generalmente difficile da definire, anche se un atto di defecazione al giorno è ritenuto nella norma. Se un breve periodo di stipsi può anche essere considerato normale, magari a causa di una gravidanza, di un cambio di abitudine alimentare o anche solo di una fase in cui non ci si idrata in maniera sufficiente, il campanello di allarme deve scattare quando tale situazione assume una durata maggiore nel tempo.

I cambi di regime alimentare rappresentano solitamente la causa più frequente: quando viene ritoccato l’apporto di fibre nel corso di una singola giornata, infatti, il soggetto può vedere drasticamente ridotto il numero di defecazioni nell’arco della sua settimana tipo. Se il cambio di alimentazione è concordato con un nutrizionista, è opportuno chiedere un immediato chiarimento sulle soluzioni che possono essere messe in atto per risolvere il problema. Possono esistere dei soggetti affetti da stipsi transitoria che però non accusano fastidi o dolori relativi alla mancata defecazione: bisogna sempre cercare di considerare il quadro di insieme e poi, se necessario, rivolgersi al proprio medico di base per affrontare la problematica sanitaria.

L’eziologia

Il motivo generalmente più frequente della stipsi è un apporto insufficiente di acqua e fibre, spesso in abbinamento a una vita sedentaria. Esistono però anche ragioni che possono essere decisamente più gravi e profonde: dalla crescita di neoformazioni fino ai restringimenti all’interno dell’intestino. Se la stipsi dura per un periodo di tempo troppo lungo, è opportuno rivolgersi al proprio medico di base che darà il via all’iter di approfondimento.

La sintomatologia

Il primo segnale da cogliere, in termini di durata del disturbo, è quello delle tre settimane: se in quest’arco di tempo la frequenza della defecazione è cambiato in maniera troppo netta rispetto a prima, è consigliato contattare, come prima cosa, il proprio medico curante. Meno di tre defecazioni a settimana rappresentano un numero anomalo. L’altro fattore da tenere in considerazione è l’eccessivo sforzo durante l’atto, anche perché questo può comportare diversi problemi accessori, come il rialzo della pressione sanguigna, l’irritazione rettale e un possibile prolasso delle emorroidi. Quando la stipsi compare all’improvviso, specialmente in persone che hanno avuto in famiglia dei casi di tumori intestinali, è il caso di tenere sottocchio altri possibili sintomi: il sangue nelle feci e un dimagrimento improvviso, per esempio.

Le conseguenze

Rivolgersi al proprio medico e, in seguito, allo specialista indicato, è fondamentale per escludere conseguenze molto gravi. L’occlusione intestinale causata da un fecaloma è la più frequente: un accumulo di feci, che può avvenire in qualsiasi tratto del colon, può provocare addirittura un’ischemia rettale, anche se si tratta di un caso molto raro. Generalmente la stipsi rimane di natura benigna e spesso basta un cambio di regime alimentare e di idratazione per risolvere il problema. La fase di cura e di diagnosi devono sempre essere seguite da uno specialista, che sceglie non solo la cura migliore, ma anche gli esami di approfondimento necessari per arrivare alla diagnosi: si va dalla defecografia, un esame che grazie a un mezzo di contrasto assunto per via orale consente la visualizzazione delle ultime anse dell’intestino tenue, alla colonscopia, una procedura che prevede l’introduzione di uno strumento flessibile nel colon per esaminarne l’intero tratto.

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L’alimentazione ideale per affrontare la stipsi

Una dieta adeguata può essere utile per superare un problema transitorio. Attenzione però ai cibi da evitare: non solo gli “astringenti”, ma anche pane e pasta

Essendo una condizione spesso dovuta a un cambiamento di abitudini alimentari, la stitichezza viene affrontata principalmente tramite alcuni accorgimenti che vanno a ritoccare il regime alimentare in corso. Una maggiore assunzione di fibre non può essere infatti l’unica soluzione da adottare se non è accompagnata da altri aspetti.

Gli alimenti consigliati

Senza un regime alimentare bilanciato, che prevede una buona idratazione, l’introduzione di troppe fibre può infatti avere degli effetti deleteri sull’organismo: è buona norma bere almeno due litri di acqua al giorno. Bisogna sempre tenere sottocchio i livelli di assunzione di frutta e verdura, fondamentali per una alimentazione in grado di integrare il giusto livello di fibre senza per questo andare a squilibrare il regime alimentare. Sono dunque ben accetti alimenti come i kiwi, le pere, le albicocche e le susine, mentre la banana non fa che acuire il problema. Per quanto riguarda le verdure, verza, broccoli, spinaci, cavoli, bieta e zucchine sono ottime soluzioni. Si consiglia sempre l’utilizzo di olio extravergine di oliva da aggiungere a crudo. I cerali integrali rappresentano la fonte primaria di fibre da introdurre, oltre a quelle incluse nelle verdure: riso, orzo e farro sono da privilegiare, così come i legumi (fagioli, lenticchie, piselli e fave su tutti). I legumi possono però creare dei problemi di meteorismo: diventa quindi molto utile assumerli già decorticati oppure passati.

Gli alimenti sconsigliati

Pane e pasta agevolano la stipsi: per questo motivo, è consigliabile ridurre l’assunzione di questo tipo di alimenti, compresi tutti i preparati con farina bianca. Il latte intero e i formaggi ricchi generano una riduzione del volume delle feci, così come i salumi e la carne rossa. Ci sono poi tutti gli alimenti conosciuti come “astringenti”, che sono molto utili quando si hanno problemi di diarrea, ma che in casi del genere possono acuire ulteriormente i fastidi della stipsi: riso, limoni e patate.

I bambini

Bisogna poi fare un discorso a parte per quanto riguarda i bambini. Soprattutto nei primi mesi di vita, infatti, la stitichezza è un disturbo decisamente frequente, superate le prime settimane in cui il bambino genericamente arriva a defecare dopo ogni singolo pasto. Una volta superato il mese di vita, il bambino può arrivare anche ad avere solo una o due evacuazioni nell’arco della settimana: è una frequenza dovuta alle proprietà del latte materno, più liquido e facile da digerire. Bisogna però considerare anche la presenza di feci particolarmente dure o una pancia distesa e dura: condizioni che devono far sospettare la presenza di stipsi. Il discorso cambia quando si ha a che fare con un neonato allattato con il latte artificiale, che richiede un tempo di digestione maggiore rispetto a quello naturale. I tempi di evacuazione rallentano e la consistenza delle feci è più dura. Se la frequenza dell’evacuazione diminuisce, la valutazione spetta sempre al pediatra, che come primo provvedimento può ricorrere alla scelta di una diversa tipologia di latte artificiale, sia esso in polvere oppure liquido, oppure, nei casi in cui già si usi un latte in polvere, a una maggiore diluizione.

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L’attività fisica per il benessere dell’intestino: l’esercizio incide nella “guarigione”

L’intestino è spesso ritenuto una sorta di secondo cervello: le sue funzioni sono collegate in maniera stretta al benessere psicofisico della persona, e per questo motivo l’ansia e lo stress spesso ne turbano il corretto funzionamento.

Ne è un esempio classico l'approccio dei bambini, la cui stitichezza è spesso di natura psicologica: il bambino vuole fuggire dalla sensazione di dolore provocata dall'evacuazione e per questo motivo ritarda il più possibile il momento in cui recarsi in bagno. Il modo migliore per rendere efficiente l’intestino è fare regolarmente attività fisica.

Suggerimenti preziosi

Non è richiesto uno sforzo da atleti professionisti per superare lo stallo della stitichezza, può bastare un’attività aerobica dall’impatto ridotto almeno tre volte a settimana: il nuoto rimane uno sport altamente consigliato, ma si può optare anche per una camminata a passo rapido, per una pedalata in bicicletta o per una corsa leggera. Se oltre alla stipsi bisogna combattere l’eccessiva sedentarietà, anche un lieve cambio nello stile di vita può aiutare: dal muoversi a piedi, ove possibile, per le piccole attività quotidiane, al fare le scale con maggiore frequenza. La sedentarietà è una delle ragioni principali che portano l’intestino a impigrirsi. Inoltre, una persona che fa attività fisica con frequenza dà una mano al proprio “secondo cervello” sotto molti punti di vista: dalla riduzione del rischio del tumore del colon-retto alla prevenzione dei diverticoli  intestinali.

L'attività fisica si è inoltre dimostrata efficace nel ridurre gli stati infiammatori, dovuti per esempio a una dieta eccessivamente ricca di grassi, come pure nel risanamento della mucosa intestinale. Va inoltre segnalata l’utilità dell’attività fisica contro il gonfiore, dal momento che il movimento aiuta a contrastare meteorismo e flatulenza.

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