Durante la stagione fredda si trascorre parecchio tempo in ambienti chiusi. Ed è così che, tra i tanti virus, si diffonde anche quello conosciuto con la sigla VRS: il virus respiratorio sinciziale, che proprio come l’influenza provoca epidemie annuali dalle conseguenze spesso molto pesanti. Si diffonde per via aerea, attraverso l’inalazione di quelli che, nel corso della pandemia da Covid-19, abbiamo imparato a conoscere come droplet: goccioline generate da tosse o starnuti. Si trasmette, chiaramente, anche tramite il contatto diretto con le secrezioni nasali infette. Il periodo di maggiore contagiosità del VRS è quello che va da gennaio a marzo.

I pericoli

Il periodo di incubazione del VRS si aggira tra i quattro e i sei giorni. Questo virus è la causa più frequente di bronchiolite (l’infiammazione delle piccole vie aeree dei polmoni) e di polmonite nei bambini al di sotto dei due anni, ma può colpire i piccoli di qualsiasi età, anche se la fascia generalmente più a rischio è quella tra i due e gli otto mesi. Non sempre il bambino colpito dal virus sviluppa manifestazioni gravi: la maggior parte dei piccoli, infatti, viene infettata una volta nei primi due anni di vita, senza per questo dover sviluppare sintomi pesanti. La prima infezione non rende automaticamente immuni, anche se, generalmente, dalla seconda in poi le manifestazioni sono decisamente più lievi rispetto alla prima. I bambini nei primi mesi di vita sono quelli che rischiano però di sviluppare una forma più grave di malattia: l’infezione da VRS può generare gravi complicazioni respiratorie (insufficienza respiratoria con mancanza di ossigenazione) e polmonite, due patologie che in soggetti così piccoli possono mettere a repentaglio persino la vita. I più soggetti sono i neonati nati prematuramente o che presentano una malattia cardiaca o polmonare cronica. Numerosi studi hanno inoltre certificato come l’infezione da VRS sia collegata allo sviluppo di asma negli anni a venire.

I bambini a rischio

Le linee guida in merito raccomandano, per i bambini ad alto rischio, l’assunzione di un anticorpo monoclonale con somministrazione mensile, ovviamente sotto l’attenta osservazione di un medico specialista, durante i mesi in cui il VRS è più frequente, quindi dal tardo autunno all’inizio della primavera.

Non si tratta di una vaccinazione, bensì di un farmaco che riduce la gravità dell’eventuale malattia e anche i giorni di permanenza in ospedale. Spetta inoltre al pediatra di riferimento la valutazione sull’opportunità di far frequentare l’asilo nido ai bambini fragili nel periodo epidemico.

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Cogliere i sintomi per poter intervenire: dalla classica tosse si può passare a scenari più gravi

Come spesso accade per le malattie che coinvolgono i più piccoli, cogliere con esattezza i sintomi nella prima fase è alquanto complesso. La manifestazione iniziale del contagio da virus respiratorio sinciziale nei neonati e nei bambini, inoltre, è solitamente molto lieve e simile al raffreddore: specialmente nei più piccoli può estendersi verso le vie aeree inferiori e provocare tosse e respiro sibilante. In altri, invece, l’infezione progredisce fino a diventare una malattia respiratoria grave come la bronchiolite, che richiede necessariamente l’ospedalizzazione per garantire al bambino un supporto nella respirazione.

La sintomatologia

I sintomi più frequenti nella fase iniziale sono quelli classici del raffreddore: febbre, tosse, naso che cola, rifiuto del cibo, svogliatezza, stanchezza, piccole apnee. La situazione si fa più preoccupante quando subentrano i sintomi più gravi: i già accennati sibili durante la normale respirazione, i rientramenti della parete toracica, la cianosi intorno alle labbra e una respirazione più rapida per sopperire a quella che può essere ribattezzata “fame d’aria”. La diagnosi si basa ovviamente sui sintomi e sull’analisi del periodo dell’anno ma essendo i disturbi molto simili a quelli di altre infezioni risulta complesso individuare in fase iniziale il contagio da VRS. Un test delle secrezioni respiratorie (un tampone, dunque, nasale o salivare) è però sufficiente per individuare la presenza del virus nell’organismo.

I numeri

Secondo diversi studi condotti a livello mondiale, il VRS provocherebbe ogni anno, tra i bambini di un’età inferiore ai cinque anni, circa 33 milioni di casi di infezioni delle basse vie respiratorie che richiedono assistenza medica, oltre a 3,6 milioni di casi di ospedalizzazioni e la morte di oltre 100.000 bambini. Se trattata in maniera adeguata, l’infezione da VRS che non degenera in grave malattia respiratoria si risolve nel giro di 7-12 giorni, anche se, sotto i sei mesi di vita, spesso l’intensità dei sintomi è tale da richiedere un ricovero in ospedale.

Quando intervenire

Ma come si devono comportare i genitori di un bambino che presenta sintomi che potrebbero essere ricondotti al virus respiratorio sinciziale? Si raccomanda di rivolgersi al proprio pediatra o al Pronto Soccorso in caso di evidenti difficoltà respiratorie, di colorazione bluastra delle dita e delle labbra, che indica una scarsa ossigenazione, e in presenza di altri importanti segni di disidratazione, che nel neonato possono essere riscontrati in maniera abbastanza agevole: labbra secche, un pianto privo di lacrime, pannolini asciutti. Si procede spesso con il ricovero ospedaliero dei neonati per tenere sotto controllo l’idratazione (con liquidi endovena tramite flebo) e, nei casi più gravi, per sopperire alle difficoltà di respirazione con la ventilazione meccanica o l’intubazione per far sì che il piccolo possa essere correttamente ossigenato. Non esistono cure farmacologiche specifiche per la cura dell’infezione da virus respiratorio sinciziale che, al massimo, può essere affrontata con un trattamento mirato alla risoluzione dei sintomi, come farmaci per la febbre e un’adeguata reidratazione.

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I pericoli per i fragili: molta attenzione va agli over 65

Il virus respiratorio sinciziale non colpisce esclusivamente i bambini. Diventa, infatti, particolarmente pericoloso nel momento in cui contagia pazienti fragili over 65. Il problema prevalente non è il virus in sé, ma la situazione che può generare in un soggetto che presenta già delle patologie preesistenti oppure un sistema immunitario debole, fiaccato dall’età o da terapie affrontate per risolvere altre problematiche. In un soggetto vulnerabile come l’anziano, il virus può degenerare in fretta in una patologia grave, provocando condizioni come la broncopneumopatia cronica ostruttiva, una polmonite o un’insufficienza cardiaca. Alcuni studi effettuati negli Stati Uniti hanno evidenziato come siano in drastico aumento le ospedalizzazioni degli anziani colpiti da VRS.

In Italia non è ancora disponibile una vaccinazione contro il VRS, anche se la Commissione Europea, su raccomandazione dell’Ema, ha autorizzato il primo vaccino indicato per l’immunizzazione passiva non solo dei neonati ma anche per gli over 60. Si tratta di Abrysvo, che sta attendendo gli ultimi via libera per essere immesso sul commercio a livello di Unione Europea. “In vista delle prossime stagioni autunnali e invernali, questo vaccino può aiutare a prevenire gravi conseguenze del VRS per alcuni dei nostri cittadini più vulnerabili. Non vedo l’ora di vedere gli Stati membri iniziare a utilizzare questo primo vaccino come parte delle loro campagne di vaccinazione nazionali”, ha dichiarato la commissaria Ue per la Salute Stella Kyriakides.

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