Come riporta un recente maxi-studio internazionale condotto dal consorzio International Headache Genetics Consortium, nel mondo un miliardo di persone viene colpito da episodi di emicrania, patologia che si presenta come la forma più comune di mal di testa. La parola “comune”, però, in questo caso è fuorviante, perché questa patologia non va affatto sottovalutata: è una malattia invalidante e che impatta in modo significativo e sulla vita di chi ne soffre. E l’Italia è tutt’altro che esclusa da questa piaga. Si stima che solo nel nostro Paese colpisca fino al 24% della popolazione, ovvero 15 milioni di persone: rappresenta la terza patologia più frequente e la seconda più disabilitante del genere umano secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms). Nonostante queste premesse così negative, si ritiene che solo una minima parte (1,6%) della popolazione italiana che ne soffre riceva idonee cure preventive; questo a causa di una inadeguata sensibilità verso il problema, che spesso viene sottovalutato e banalizzato. E questo mancato riconoscimento anche “sociale” dell’emicranica come una patologia vera e propria, grave e invalidante, è responsabile di un ulteriore peggioramento nel vissuto dei pazienti, che si sentono quindi ancora più soli e incompresi da chi sta loro intorno.

Che cos’è l’emicrania

Ma andiamo a esaminare il disturbo più nel dettaglio. Questa malattia si manifesta con un dolore acuto o pulsante – che va da moderato a grave – e che, di norma, comincia nella parte anteriore o su un lato della testa. L’attacco di dolore può variare di intensità ed estendersi anche alla regione frontale, coinvolgendo la fronte e le tempie. Può durare da poche ore a, nei casi più gravi, diversi giorni, e spesso viene aggravato dalla luce, dall’attività fisica, dagli odori forti o dal rumore.

Come si manifesta

L’emicrania generalmente si manifesta – ma non necessariamente in ogni singolo caso – in quattro fasi distinte.

La fase prodromica (che presenta momenti di euforia o irritabilità, stanchezza, depressione e sensibilità eccessiva a odori e rumori) precede l’aura (con fenomeni neurologici transitori di carattere visivo, motorio o sensitivo, come disturbi alla vista o formicolii agli arti), che a sua volta anticipa la fase cefalalgica (con dolore intenso e pulsante). Chiude il processo la fase postdromica (o di recupero), della durata tra le 24 e le 48 ore, dove il paziente può sentirsi insolitamente euforico o, al contrario, depresso, spossato e con difficoltà di concentrazione. Una serie di segnali variabili, che rischiano di impattare in maniera decisiva sulla salute e sul benessere delle persone nella vita di tutti i giorni, a partire dal lavoro.

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Sollievo dai farmaci ma senza esagerare

Praticamente a tutti è capitato nella vita di incorrere in qualche episodio di mal di testa. Ma quando è il caso di preoccuparsi? Se le emicranie sono ripetute o i sintomi intensi nonostante l’assunzione di farmaci da banco, come il paracetamolo o gli antinfiammatori, allora è il caso di rivolgersi al medico di base. Diversa la situazione nella quale l’emicrania è accompagnata da disturbi più gravi come paralisi di un arto o di parte del viso, difficoltà nel parlare, dolori alla testa improvvisi e violenti, rigidità del collo, convulsioni: queste situazioni potrebbero essere il campanello d’allarme di problemi molto seri, come ictus o meningite, e occorre recarsi subito al Pronto soccorso.

Diagnosi

Allo stato corrente non esiste un esame specifico per la diagnosi dell’emicrania nelle sue varie tipologie. Solitamente il medico di base controlla la vista, la coordinazione dei movimenti e i riflessi, per escludere la presenza di altre cause dell’emicrania, e interroga il paziente sul tipo di dolore accusato, la localizzazione, l’intensità e a presenza di eventuali sintomi correlati (nausea, vomito etc.). In tal senso, spesso il medico per qualche settimana chiede di compilare una sorta di “diario del mal di testa” nel quale annotare frequenza, durata e tipologia degli attacchi di emicrania, oltre all’eventuale assunzione di farmaci. Attenzione a questo aspetto: l’assunzione eccessiva di antidolorifici può rendere l’emicrania più difficile da trattare, provocando quello che viene definito mal di testa da abuso di farmaci.

Dopo aver chiarito il quadro della situazione, il medico può consigliare l’opportuno trattamento oppure indirizzare il paziente da un neurologo per una visita più approfondita.

Questo avviene quando c’è incertezza nell’individuare le cause del mal di testa, le crisi si presentano per più di 15 giorni al mese (emicrania cronica) oppure i farmaci prescritti non sono efficaci.

Terapie

Come per la diagnosi, anche per quanto riguarda la cura dell’emicrania non esistono indicazioni precise. Tuttavia, i disturbi possono essere alleviati tramite alcune terapie. Le più comuni prevedono l’assunzione di farmaci da banco come paracetamolo, aspirina e ibuprofene. Perché siano efficaci, occorre prenderli non appena si manifesta l’attacco, meglio se nelle formulazioni da sciogliere direttamente in bocca oppure da dissolvere nell’acqua. Attenzione però: prima di assumere qualunque medicinale occorre leggere attentamente le avvertenze contenute nel foglietto illustrativo e rispettare il dosaggio raccomandato, rivolgendosi al proprio medico se si utilizzano antidolorifici con troppa frequenza.

Se i medicinali da banco non riescono ad alleviare i sintomi dell’emicrania, il medico può prescrivere altre soluzioni. Tra queste i triptani, farmaci specifici che si ritiene intervengano sui meccanismi alterati dell’attività del cervello. Anche gli antinausea (antiemetici) sembrano poter risolvere l’emicrania.

Infine, risultati promettenti sono stati ottenuti anche con la stimolazione magnetica transcranica (TMS): si tratta di un piccolo dispositivo elettrico, appoggiato alla base della testa, che rilascia impulsi magnetici attraverso la pelle.

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Le donne le più colpite

Le statistiche mostrano chiaramente che l’emicrania risulta molto più diffusa tra le donne che tra gli uomini: negli adulti, la prevalenza è di circa tre volte superiore per il sesso femminile. Stanti questi dati, non è certo azzardato definire l’emicrania come una “patologia di genere”.

Le cause

La disparità nella prevalenza si manifesta solo nel lasso di tempo dopo il menarca (la prima mestruazione) e fino alla menopausa. In età infantile e nella terza età, infatti, maschi e femmine fanno i conti con l’emicrania in maniera simile. Questo ha da sempre suggerito che le cause delle più frequenti cefalee femminili siano legate alle fluttuazioni mensili legate al ciclo mestruale degli ormoni sessuali femminili, in particolare degli estrogeni. In Spagna, un recente studio di un gruppo di ricercatori guidati dal professor Antonio Ferrer-Montiel dell’Università Miguel Hernàndez ha messo in evidenza un ruolo degli estrogeni nel modulare il sistema trigemino-vascolare, quello alla base dell’emicrania. E mostrato che il testosterone maschile pare proteggere dalle emicranie, mentre gli ormoni tipicamente femminili (estrogeni, ma anche progestinici e prolattina) sembrano favorirle. L’emicrania correlata alle mestruazioni in genere si presenta da due giorni prima della comparsa delle mestruazioni a tre giorni dopo la scomparsa. Si può dunque cercare di prevenirla con antinfiammatori non steroidei o triptani, oppure con contraccettivi ormonali combinati, a base di progesterone oppure con cerotti o gel a base di estrogeni.

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