«Bere vino e birra fa parte delle abitudini alimentari italiane. Senza demonizzare chi beve piccole quantità di bevande alcoliche, va però ricordato che l’alcol è una sostanza tossica per il fegato, con il rischio di danno acuto o cronico e possibile evoluzione verso la cirrosi epatica e l’epatocarcinoma, ma non solo. Il consumo anche moderato di alcol è fattore causale di 200 malattie e aumenta il rischio di sviluppare cancro di vari organi». A sottolinearlo con chiarezza è il dottor Luchino Chessa, responsabile della SS Malattie del fegato AOU di Cagliari, oltreché professore associato di Malattie infettive all’Università del capoluogo.

«In Europa, la regione del mondo dove si beve di più», prosegue Chessa, «l’alcol risulta il terzo fattore di rischio di malattia e di morte prematura prima del fumo e dell’ipertensione arteriosa, con un milione di morti evitabili all’anno. Ma cosa significa bere poco o molto? In assenza di patologie epatiche preesistenti, si considera accettabile il consumo di due unità alcoliche al giorno (una unità corrisponde a 12 g di alcol), e cioè due bicchieri di vino da 125 ml o due birra da 330 ml o due superalcolici da 40 ml per gli uomini, tutto diviso a metà per donne e anziani over 65. Si considerano consumatori a rischio coloro che eccedono oltre questi limiti o che praticano il binge drinking, il bere sei o più unità alcoliche in una unica occasione, mentre i consumatori dannosi sono coloro bevono oltre sei unità alcoliche al giorno (quattro unità per le donne) con conseguenti danni fisici e mentali. Va ricordato che l’assunzione di alcol a stomaco vuoto comporta, a parità di consumo, un più alto tasso alcolemico e che i giovani sotto i 18 anni non devono bere, anche se purtroppo l’uso e l’abuso di alcol oramai è molto diffuso tra i minorenni e non è in calo, anzi».

«Se si guarda al nostro Paese», prosegue lo specialista, «emerge l’evidenza che l’Italia nel 2021 era sotto la media europea per consumo pro capite, e in lieve diminuzione rispetto al periodo pandemico, ma a preoccupare sono i 750 mila consumatori dannosi e ancora di più i 3,5 milioni di persone che praticano il binge drinking, soprattutto maschi (di cui 83.000 minorenni). La Sardegna risulta sotto la media nazionale per quanto riguarda il consumo di vino, di aperitivi alcolici e di super alcolici, ma al di sopra per il consumo di birra, per il consumo di alcol fuori pasto e per la pratica del binge drinking».

Quali sono i danni riportati dall’organo primariamente colpito? «Per quanto riguarda il fegato», spiega Chessa, «i consumatori di alcol oltre il limite accettato possono andare incontro a una epatopatia, con tendenza ad avere quadri più gravi e con un’evoluzione più rapida in base alle quantità di alcol che hanno consumato e se continuano a bere anche quando vengono intercettati. Su 9000 pazienti seguiti presso l’AOU di Cagliari, un migliaio di pazienti presenta malattie epatiche da alcol di cui oltre il 40% con cirrosi epatica e un 10% con epatocarcinoma. L’aspetto positivo è il fatto che chi decide di non bere più ha un miglioramento eclatante della malattia epatica. Sarebbero auspicabili campagne sull’uso consapevole dell’alcol».

Luca Mirarchi

© Riproduzione riservata