Un semplice dolore articolare può celare una condizione ben più grave: l’artrosi. Si tratta di una delle patologie reumatiche croniche più complesse da affrontare, capace di colpire l’intera articolazione e impattando così su strutture delicate come cartilagini, legamenti, capsule articolari, membrane sinoviali e muscoli peri-articolari. L’artrosi si concentra soprattutto sulla cartilagine, un tessuto connettivo non vascolarizzato che protegge le articolazioni: un tessuto solido, flessibile, che però a causa dell’artrosi può deteriorarsi al punto da creare un attrito anomalo tra i capi ossei. Quando questi vengono a contatto, a causa della ridotta o assente protezione della cartilagine, finiscono per danneggiarsi per via della frizione.

Le zone più colpite

Alla luce della natura dell’artrosi, le zone più colpite sono quelle delle ginocchia, della colonna vertebrale nella parte cervicale, delle anche, della zona lombare e delle piccole articolazioni delle mani.

Il paziente affetto da artrosi finisce per soffrire di un dolore acuto e costante, oltre a una rigidità articolare che genera inevitabilmente una limitazione nei movimenti. Il dolore tende ad aumentare dopo lo sforzo e l’attività fisica o nel momento in cui si carica lo sforzo sull’articolazione colpita dall’artrosi. Si attenua con il riposo, mentre al termine della giornata raggiunge il suo picco.

La sintomatologia è diversa per l’artrosi che colpisce le mani: in questi casi, infatti, ciò che si verifica è una vera e propria deformazione delle articolazioni delle dita. I noduli di Heberden colpiscono le articolazioni “finali”, quelli di Bouchard invece mettono nel mirino le “prossimali”. In entrambi i casi, si genera un dolore molto intenso.

Il rischio degli osteofiti

Una delle caratteristiche ricorrenti dell’artrosi è la formazione di piccole escrescenze di tessuto osseo, che generalmente compaiono alla periferia delle zone sottoposte al maggiore carico articolare: si tratta degli osteofiti. Le aree più colpite sono i dischi intervertebrali, l’area del ginocchio e quella dell’anca.

Gli osteofiti non provocano dolore ma sono estremamente pericolosi: infiammano le articolazioni, gonfiandole, e il dolore acuto subentra solamente nel momento in cui vengono a contatto con i nervi. I sintomi più frequenti a livello vertebrale sono l’intorpidimento della zona e il formicolio. Gli osteofiti possono essere associati ad altri sintomi particolarmente fastidiosi come mal di schiena, dolore al collo, mal di spalle, mal di gambe, mal di testa, sensazione di bruciore o pizzicore, spasmi muscolari, crampi o addirittura alla perdita di capacità di coordinamento di una parte del corpo.

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Comprendere i sintomi e scegliere la terapia

Non esiste un trattamento in grado di risolvere questo problema in modo strutturale: è però possibile intervenire con l’obiettivo di ridurre o addirittura azzerare il dolore

Esistono alcuni “falsi miti” che riguardano l’artrosi. Uno dei più frequenti è quello secondo cui l’intensità del dolore sarebbe direttamente proporzionale all’erosione della cartilagine. La percezione varia in realtà da persona a persona e non corrisponde al grado di danneggiamento delle articolazioni interessate da questo fenomeno. Il dolore, inoltre, tende a cambiare di intensità nel corso del tempo e solitamente mantiene un andamento altalenante: si intensifica in alcuni momenti, a cui seguono fasi meno acute. Anche per questo motivo, comprendere pienamente i sintomi può rivelarsi fondamentale ai fini della diagnosi.

Sintomi e tipologie

L’artrosi è di solito suddivisa in due tipologie principali: la primaria, sulla quale incidono i fattori genetici, e la secondaria, nella quale i fattori pregressi (traumi e malattie, per esempio) sono decisivi ai fini dell’insorgenza della patologia. Il dolore e l’irrigidimento articolare rappresentano chiaramente i segnali che non possono essere sottovalutati: la rigidità finisce per influire anche sui movimenti più semplici che vengono effettuati quotidianamente e si manifesta soprattutto al termine della giornata. In alcuni casi le articolazioni risultano addirittura tumefatte: questo può essere dovuto all’erosione completa della cartilagine.

Le possibili soluzioni

Pur essendo una malattia estremamente diffusa, con alcune stime secondo cui rappresenterebbe all’incirca il 70% delle forme reumatiche attualmente esistenti, arrivare alla completa guarigione non è possibile. Esistono però numerosi accorgimenti che possono essere presi. Nei pazienti in sovrappeso o in condizioni di obesità, la perdita di peso è il primo suggerimento da parte degli specialisti: ridurre il carico sulle articolazioni consente infatti di limitare notevolmente il dolore generato dall’artrosi. In alcune tipologie di artrosi risulta invece molto utile la fisioterapia, vista l’esistenza di alcune terapie strumentali che sono in grado di cancellare il dolore, anche se non riescono a risolvere la patologia a livello strutturale.

I pazienti giovani

Per i pazienti più giovani, il rafforzamento muscolare è invece la scelta più gettonata: far lavorare l’articolazione in maniera corretta, con un supporto più solido, migliora infatti la situazione relativa ai sintomi e rallenta inoltre l’evoluzione della patologia artrosica.

Uno studio pubblicato sui Proceedings of the National Academy of Science ha inoltre evidenziato che l’ambiente in cui viviamo può incidere sull’artrosi. Un confronto tra epoche storiche diverse ha infatti evidenziato che, a parità di età e di indice di massa corporea, la fascia di popolazione che oggi soffre di artrosi è molto più ampia rispetto all’inizio del Novecento. I ricercatori hanno osservato che i nati dopo la Seconda guerra mondiale hanno il doppio delle probabilità di soffrire di artrosi al ginocchio rispetto a prima. Le donne in menopausa risultano particolarmente a rischio a causa del calo degli estrogeni, ormoni che hanno un effetto determinante per la protezione delle articolazioni.

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I fattori di rischio

I sintomi dell’artrosi si manifestano generalmente intorno ai 50 anni: secondo numerosi studi a essere colpite sono prevalentemente le donne in post menopausa. Si tratta di una malattia che è chiaramente connessa in maniera molto stretta all’invecchiamento: per arrivare all’usura completa o parziale delle cartilagini articolari, infatti, devono passare diversi anni.

Esistono però alcuni fattori di rischio che esulano dal fattore meramente anagrafico e riguardano abitudini della vita quotidiana o altre patologie connesse all’insorgenza dell’artrosi. Tra queste, la presenza di altri casi in famiglia; una situazione costante di sovrappeso e obesità che grava su alcune articolazioni (su tutte ginocchia e anche); precedenti fratture e lesioni articolari; lavori che richiedono posizioni particolari o la sollecitazione continua di alcune articolazioni; malattie circolatorie che possono provocare il sanguinamento e danni alle articolazioni (osteonecrosi ed emofilia su tutte); alcune forme di artrite, che finiscono per danneggiare l’articolazione ed esporre la cartilagine a possibili problemi nel corso degli anni; sport che risultano particolarmente usuranti come il calcio, in cui le cartilagini finiscono per erodersi in maniera molto rapida, soprattutto per quanto riguarda ginocchia e piedi-caviglie.

Tutti questi fattori finiscono per agire sulla cartilagine, causando una continua condizione di squilibrio che degenera quindi nella patologia vera e propria.

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