«Con il termine di “artrite” si intende letteralmente un processo infiammatorio a carico delle strutture articolari di connessione tra i diversi segmenti ossei dell’apparato muscolo-scheletrico, sia periferiche (ad esempio ginocchia, polsi, spalle, eccetera), che della colonna vertebrale. In realtà il termine è abusato, e spesso viene impiegato per qualsiasi condizione patologica che causi dolore e/o difficoltà nei movimenti».

È questa la definizione sintetica di un disturbo così largamente diffuso - in maggioranza tra la popolazione femminile - nelle parole del professor Alberto Cauli, direttore della Unità Operativa Complessa di Reumatologia della AOU di Cagliari a Monserrato, emersa durante la puntata di “15 minuti con…”, il talk di approfondimento sulla salute dell’Azienda ospedaliero-universitaria di Cagliari, in collaborazione con il gruppo Unione Sarda, condotto dal giornalista Fabrizio Meloni, responsabile Comunicazione e Relazioni esterne dell’Aou.

Come si può sgombrare il campo dai dubbi e dalle scorrette informazioni su questo tema? «Le malattie che possono presentare infiammazione delle articolazioni sono numerose e secondarie a cause assai diverse», spiega Cauli: «Distinguiamo principalmente le artriti dismetaboliche come la gotta, le artriti in corso di altre malattie (per esempio le connettiviti come il Lupus o la sclerosi sistemica), forme causate da infezioni oppure le forme primarie croniche come l’artrite reumatoide e le spondiloartriti (citiamo l’artrite psoriasica e la spondilite anchilosante). Le artriti insorgono in entrambi i sessi e in qualunque età della vita. I sintomi sono caratterizzati dal gonfiore, dal dolore e dalla difficoltà nei movimenti. Queste malattie sono in genere causate da una disregolazione del sistema immunitario in soggetti predisposti. Il risultato è una infiammazione che gradualmente può portare al danno delle articolazioni con conseguente disabilità. Esistono comunque cure efficaci per le artriti; la prima linea terapeutica è costituita dai farmaci DMARD tradizionali e, in caso di mancata risposta, si adotta un approccio più aggressivo con i farmaci biotecnologici che interferiscono nei mediatori chiave del processo flogistico».

Proviamo ora a delimitare lo sguardo sulla realtà della Sardegna. «Per quel che riguarda lo specifico dell’Isola», sottolinea il professore, «abbiamo un grande patrimonio di esperienze e conoscenze in ambito reumatologico, sia nei centri ospedalieri che negli ambulatori periferici territoriali, senza dimenticare i medici di famiglia, grazie soprattutto all’obbligatorietà dell’insegnamento della reumatologia previsto, dalla metà degli anni Novanta, nei corsi di laurea in medicina e all’intensa attività dalla Scuola di specializzazione in Reumatologia degli atenei sardi. Questa ricchezza di conoscenze dobbiamo accompagnarla al rafforzamento delle nostre strutture, non solo in relazioni agli ospedali ma anche al territorio, al fine di poter dare risposte puntuali a tutti i pazienti reumatologici. Parlando di reumatologia non intendiamo riferirci al solito problema della carenza di organico, i giovani e bravi reumatologi sono disponibili, non mancano, dobbiamo solo arruolarli nella ampia rete di poliambulatori specialistici già esistenti nella nostra regione. Io sono ottimista per il futuro».

Cosa comportarsi, dunque, per fronteggiare nel migliore dei modi questa patologia? «Una priorità nella cura delle artriti», risponde Cauli, «è quella di individuare i pazienti nelle fasi precoci, all’esordio dei sintomi, per riuscire a cogliere quella che definiamo “la finestra di opportunità”, quando siamo in grado di evitare l’instaurarsi del danno organico e l’insorgenza della disabilità. Per questo risultato è fondamentale la stretta collaborazione tra specialisti reumatologi e medici di famiglia, nell’ottica del rafforzamento della rete tra strutture ospedaliere, ambulatori specialistici dei distretti e medicina di base».

Luca Mirarchi

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