«Todde non è un consigliere regionale come gli altri, se cade lei cadiamo tutti: è abnorme»
Ecco il testo della mozione: la massima assemblea sarda vuole andare davanti alla Corte costituzionale per evitare lo scioglimento che sarebbe causato dalla decadenza della presidentePer restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
La presidente della Regione Alessandra Todde non è un consigliere regionale come gli altri. La sua decadenza comporterebbe l’automatico scioglimento di tutto Consiglio regionale e questa sarebbe una «conseguenza abnorme». Scatenata, peraltro, da un organo dello Stato (il collegio regionale di garanzia elettorale) che avrebbe agito con «sviamento di potere» o «cattivo esercizio del potere». Ecco perché la massima assemblea sarda deve affiancare la Giunta nel conflitto di attribuzioni (tra Regione e Stato) che deve essere sollevato davanti alla Corte costituzionale entro il 4 marzo.
Questo, in sintesi, il contenuto della mozione che approderà a breve (già martedì) all’attenzione dell’aula del Parlamento della Sardegna: al momento circola una bozza, che potrebbe essere modificata fino al momento della presentazione. Ma ci sono già alcune firme, tutte di esponenti della maggioranza che sostiene la presidente Todde. Ed è difficile che il testo subisca stravolgimenti.
La vicenda è nota: il 3 gennaio il collegio regionale di garanzia elettorale (costituito da magistrati della Corte d’Appello, commercialisti e un docente universitario) ha recapitato alla governatrice il documento che ha gettato nel panico la classe politica sarda: un’ordinanza-ingiunzione di decadenza per irregolarità nella rendicontazione delle spese della campagna elettorale. Gli avvocati di Todde hanno già presentato un ricorso al Tribunale ordinario (udienze fissata al 20 marzo), ma il Consiglio regionale ha deciso di rilanciare e vuole affiancare la presidente nello scontro davanti alla Corte costituzionale. Mandando tutti a casa, la decisione del Collegio – è la tesi – sarebbe un’ingerenza nella vita democratica e una mancanza di rispetto della volontà popolare espressa con il voto del febbraio 2024. Anche se la decadenza è stabilita da una legge regionale che ha assorbito la normativa nazionale.
«La conseguenza abnorme dell'automatico scioglimento del Consiglio regionale rende necessario approfondire il rapporto esistente tra l'assetto delle competenze del Collegio di garanzia elettorale e le prerogative costituzionali degli organi regionali di indirizzo politico (presidente della Regione e Consiglio regionale)», è scritto nella mozione.
Le ipotesi di dissoluzione degli organi regionali di direzione politica «sono tassativamente stabilite da norme costituzionali quali gli articoli 15 e 35 dello Statuto speciale della Sardegna (e da norme
legislative espressamente facoltizzate da norme costituzionali)», prosegue il testo, «e implicando deroghe al principio democratico di sovranità popolare sono di stretta interpretazione, sicché il legislatore non potrebbe legittimamente introdurre ipotesi ulteriori in assenza di esplicita autorizzazione costituzionale».
La legge che sancisce il sistema di decadenza per ragioni legate a irregolarità nella rendicontazione risale al ‘94, quando il presidente della Regione non veniva eletto direttamente e, soprattutto, quando al suo incarico non era legato il destino di tutta l’assemblea. Quindi, secondo chi propone la mozione, l’applicazione non sarebbe più attuale.
«Per il presidente vige un sistema di elezione che è diverso da quello dei consiglieri regionali sotto diversi profili: dalle modalità di espressione del voto, alla delimitazione dell’ambito spaziale della candidatura che infatti coincide con l'intero territorio regionale e non con circoscrizioni, cioè con porzioni limitate del territorio regionale». Quindi «il presidente non é consigliere elettivo, cioè un consigliere che tale diventa in virtù dell’elezione consiliare, essendo infatti eletto in capo ad altro organo, e cioè in capo all’organo monocratico denominato “presidente della Regione”». Quindi «consigliere di diritto». E la «disciplina regionale
sulla rendicontazione delle spese elettorali, risalente al 1994, fu pensata con riguardo ai consiglieri elettivi, categoria della quale faceva parte anche il Presidente di Regione nella forma di governo a tendenza assembleare vigente allora» quindi «non può ritenersi applicabile al caso dei Presidente (nella forma di governo vigente oggi), perlomeno nella parte in cui assegna al Collegio di garanzia elettorale il potere di comminare al Presidente la sanzione della decadenza».
Quell’organo, secondo la mozione, «non può accertare, ingiungere, imporre o anche solo proporre la decadenza del presidente di Regione con ciò disponendo indirettamente |’automatica dissoluzione del Consiglio essendo la sua competenza circoscritta alle cause di decadenza che colpiscono i soli consiglieri regionali elettivi, con esclusione del presidente di Regione, che è consigliere di diritto».
Il documento ora deve passare al vaglio del Consiglio, che cerca di difendersi giocando la carta della Corte costituzionale.
Enrico Fresu