Si moltiplicano le reazioni politiche allo spettacolo offerto dal Festival di Sanremo, da Fedez che strappa la foto del viceministro Galeazzo Bignami vestito da nazista, al bacio fluido di Rosa Chemical con il rapper

Malumori ci sarebbero a Palazzo Chigi, con il partito della premier Giorgia Meloni che vorrebbe veder rotolare qualche testa, dal direttore di Rai 1 Stefano Coletta all’amministratore delegato Rai Carlo Fuortes, in quanto, avrebbe confidato al suo entourage, «questa volta si è passato il segno».

«Ho scoperto chi ha vinto stamattina» il Festival di Sanremo, «auguri a chi ha vinto: non commento altro, sicuramente una riflessione sulla gestione Rai nel suo complesso andrà fatta», ha detto Matteo Salvini, vicepremier e ministro per le Infrastrutture.

«Da ministro voglio salvare il Festival di Sanremo se fosse come deve essere il festival della canzone italiana – le parole della ministra del Turismo Daniela Santanché - Ci guardano in moltissimi Stati quindi io non ne voglio parlare male ma qualcuno si deve fare un esame di coscienza: che il festival sia comunista non è una novità».

«Non ho le competenze – ha aggiunto - ci sono stati effettivamente un po' di errori, ma io lo difendo il Festival come prodotto, il problema è che vogliono rovinare il prodotto della canzone italiana, è un peccato».

«Queste polemiche non mi appassionano – ha commentato il presidente M5s Giuseppe Conte -. Credo che la Rai abbia bisogno di una riforma profonda, lo diciamo da tempo. Speriamo che piuttosto che raccogliere queste polemiche, che lasciano il tempo che trovano, si approfitti per una riforma seria della Rai, rifondativa, per migliorare e rendere più efficace il servizio pubblico dell'informazione».

Per Irene Manzi, capogruppo Pd commissione cultura della Camera: «L'attacco ai vertici Rai da parte di FdI è inquietante nel merito e nel metodo. Ma ritengo, alla luce delle polemiche che stanno proseguendo in queste ore, che lo siano ancora di più le parole, sottovalutate, pronunciate da Gianmarco Mazzi, sottosegretario alla cultura» che «senza mezzi termini invoca un cambiamento dei dirigenti Rai funzionale a una nuova narrazione del Paese dopo la vittoria elettorale della destra. Qui non si tratta più semplicemente di spoil system, ma del tentativo di forzare il cambiamento di modelli culturali. Un tentativo di dire senza mezzi termini che il servizio pubblico è alle dirette dipendenze di chi vince le elezioni».

(Unioneonline/D)

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