Regionali 2024, quali prospettive di governo e cambiamento? Quali schieramenti in campo?
Cominciano i preparativi per il prossimo appuntamento elettorale, ma ha ancora senso parlare di specialità della Sardegna?Per restare aggiornato entra nel nostro canale Whatsapp
Cominciano a fremere i preparativi, forse ancora un po’ scomposti, per il prossimo appuntamento elettorale dell’anno 2024, allorquando il Popolo Sardo sarà nuovamente chiamato alle urne per la scelta del Suo prossimo Presidente di Regione e con esso, per il rinnovo del Consiglio Regionale nella sua interezza. Lasciarsi andare ad un pronostico non sarebbe saggio per quanto avvincente sul piano della pura e semplice speculazione intellettuale, ed invero, neppure sarebbe utile in una ottica stringente dal divenire mutevole per essere, quello stesso divenire, assoggettato alle dinamiche, talune volte incomprensibili e fin troppo arzigogolate, del gioco delle alleanze.
Di sicuro, e diversamente da quanto taluni sarebbero indotti a ritenere, non basterà “prendersi”, ma occorrerà trovare il coraggio necessario per “non perdersi” attraverso la predisposizione e la programmazione di un organigramma progettuale del breve, medio e lungo termine, che sia condiviso non solo nei suoi punti essenziali, ma financo nella sua interezza composita. Al di là della appetibilità e validità delle varie proposte di governo, sempre che tali, e di apprezzabile consistenza riescano a profilarsi, ad essere a rischio è lo stesso interesse al voto dei cittadini Sardi i quali, compiuto ogni necessario bilancio rispetto agli esiti ed ai risultati della legislatura corrente, giunta oramai al suo “rush” finale, dovranno operare una scelta in termini di riconferma oppure in termini di cambiamento laddove vi siano alternative apprezzabili.
Centro-Destra e Centro-Sinistra Sardi, sempre che tali restino gli schieramenti, e salvo differenti ed originali articolazioni, andranno ancora una volta a “competere”: il Psd’Az troverà ancora utile e vantaggiosa la alleanza con la Lega di Matteo Salvini soprattutto nell’ottica dei “desiderata” e del gradimento del popolo dei votanti? Il Partito Democratico troverà la forza necessaria per intraprendere un percorso di governo con il Movimento 5 Stelle? Quali potranno essere le utilità reciproche? In che modo i partiti tradizionalmente definiti di “centro” riusciranno a rinvenire la loro collocazione sistematica senza lasciarsi travolgere dalla girandola degli schieramenti? Di sicuro, e per quanto in tanti possano probabilmente non concordare, la prima indagine da compiere per poter predisporre un programma di governo, tanto di destra, quanto di sinistra e/o di centro, sarebbe quella relativa alla utilità del permanere delle ragioni della “specialità” sarda. Detto altrimenti: all’attualità, e nel corso degli anni trascorsi, il persistere del regime giuridico di “specialità” quali vantaggi o utilità concrete ha portato all’Isola? Quali sarebbero, al giorno d’oggi, gli argomenti a sostegno? L’interrogativo sembrerebbe tutt’altro che estemporaneo, considerato che, “mutatis mutandis”, la scelta di persistere o meno sulle ragioni della “specialità” parrebbe apparire in termini di essenzialità sul futuro della nostra realtà geografica. Intanto, perché, checché se ne voglia dire, la Sardegna, con il passare degli anni, parrebbe presentarsi agli occhi del mondo, e gioco forza, come profondamente trasformata rispetto alle sue origini storiche. Quindi, perché, le intervenute trasformazioni, e le esperienze di governo succedutesi, probabilmente, riconsiderate in una ottica di modernità, parrebbero suggerire di ripensare fin dalle fondamenta i presupposti e le condizioni che avevano giustificato l’adozione di un regime giuridico differenziato rispetto a quello delle altre Regioni italiane. Detto altrimenti: sul piano anche solo economico, e di conseguenza gestionale, quanto è stato utile in passato, ed è utile oggidì, il regime giuridico della differenziazione con riferimento alla nostra realtà specifica?
Qualunque alleanza tra partiti, e qualunque programma di governo regionale potrebbero forse non essere pienamente validi e concreti laddove omettano di considerare e/o di riconsiderare le ragioni di una “specialità” che di fatto parrebbe non esserci o comunque non essere funzionale allo scopo. Perché è chiaro che cambiando la prospettiva di governo, e passando dall’autonomismo allo statalismo, per l’Isola potrebbero prospettarsi scenari assolutamente inediti e chissà, forse addirittura maggiormente vantaggiosi sul piano della fruizione dei servizi essenziali, e nella specie, in ambito sanitario in primis e dei trasporti e dei collegamenti di poi. La Sardegna è innegabilmente l’isola del Mediterraneo in assoluto più distante dalla terraferma peninsulare rispetto a ogni altra non solo in Italia ma addirittura in Europa. Pur disponendo di una superficie geografica totale quasi coincidente con quella della vicina Sicilia, il numero dei residenti totali si attesta a meno di un terzo rispetto a quelli dei fratelli siciliani con ogni conseguenza sul piano del peso elettorale a livello nazionale. Persiste, nonostante il trascorrere degli anni, un livello di isolamento interno che non pare trovare rimedio, sicché all’interno dell’Isola della Sardegna continuano a convivere molteplici “isole” nell’isola. Lo si dice da sempre: eppure continua ad essere staticamente tale la situazione. Intendiamoci: la “specialità”, lungi dal poter essere considerata come uno “status simbol”, dovrebbe essere tenuta in considerazione quale punto di partenza di un ragionamento che ridefinisca la posizione giuridico-economica della realtà isolana in una ottica di “concentrazione” governativa statalmente intesa.
La riorganizzazione di qualsivoglia Partito Politico in un’ottica di competizione elettorale, ma non solo, non dovrebbe prescindere, per ciò stesso dall’esigenza di intraprendere un serio e ragionato confronto con le amministrazioni sociali ed in generale con i vari sindacati e con ogni protagonista della vita sociale dell’Isola. La formula vincente potrebbe risiedere in un rovesciamento coraggioso di prospettiva giuridica che valorizzi la Sardegna in una dimensione di governo nazionale unitario ed omnicomprensivo. Guardare lontano per essere più vicini: questo dovrebbe essere l’imperativo categorico. Non si tratta più di scelta della leadership, di discutere se siffatta scelta debba intervenire da Roma oppure dal livello territoriale. Si tratterebbe di comprendere quali rimedi porre in campo per superare i diversi gap che a tutt’oggi, e nonostante l’alternarsi delle legislature, ancora persistono sempre uguali a se stessi. Probabilmente è giunto il momento di procedere alla trasformazione del paradigma regolante il nesso istituzionale-giuridico tra l’ordinamento sardo e l’ordinamento italiano prescindendo addirittura e financo dalle ragioni di una insularità che nel nuovo rapporto di competenze ritroverebbe la sua naturale soluzione. Lo schieramento, di qualunque colore politico che riuscisse nell’impresa facendosi interprete concreto del cambiamento, avrà in pugno la competizione elettorale. Centro-Destra e Centro-Sinistra: forse il paradigma definitorio non potrà più essere tale siccome parrebbero necessitarsi nuove ed inedite forme di confronto, magari solo a livello territoriale. Di sicuro, con buona verosimiglianza dovranno cambiare i termini ed i contenuti del confronto.
Giuseppina Di Salvatore
(avvocato - Nuoro)