Province sarde: “Simul stabunt simul cadent”
Impugnata la legge regionale sulla riforma delle province
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Il Consiglio dei ministri, su proposta del ministro “Azzurro” per gli Affari Regionali e le Autonomie, Maria Stella Gelmini, ha deciso di impugnare la legge della Regione Sardegna n. 7 del 12 aprile 2021, recante la “Riforma dell’assetto territoriale della Regione”, siccome talune disposizioni ivi previste eccederebbero le competenze statutarie della medesima regione Sardegna in aperta violazione dell’articolo 43 dello Statuto Speciale approvato con legge Costituzionale.
In assenza di una consultazione popolare preventiva, come opportunamente contemplata dallo Statuto, pertanto, la Sardegna non può implementare il numero delle sue province portandolo da cinque a otto. In forza di siffatta ineludibile circostanza, motivata, sembrerebbe, e peraltro, sul rapporto di proporzionalità diretta tra l’esigenza di procedere alla riorganizzazione del territorio ed il numero degli abitanti ivi presenti, il Governo Draghi, stando alle notizie divulgate dalla cronaca nei giorni scorsi, si sarebbe quindi risolto, come anticipato poco sopra, nel senso di impugnare la legge voluta dalla giunta sardo-leghista di Christian Solinas la quale, nelle sue linee essenziali, si propone di dotare l’Isola, che conta circa uno virgola sei milioni di abitanti, dello stesso numero di province della regione Lazio, la quale, tuttavia, e a sua volta, può vantare circa il quadruplo degli abitanti.
In buona sostanza, e per intenderci: come da più parti rilevato, volendoci attenere letteralmente allo schema della legge incautamente votata ad aprile, avremmo l’opportunità di rilevare che la geografia amministrativa della Regione subirebbe, in forza ed in esecuzione delle sue disposizioni, un ulteriore mutamento strutturale quale diretta conseguenza della istituzione della Città Metropolitana di Sassari, della modifica della circoscrizione territoriale della Città Metropolitana di Cagliari, della istituzione delle Province del Nord-Est Sardegna, dell’Ogliastra, del Sulcis Iglesiente e del Medio Campidano, nonché quale conseguenza diretta della modifica della circoscrizione territoriale della provincia di Nuoro e della soppressione di quella del Sud Sardegna. Ebbene. In teoria, sul piano strettamente ideale, e la riflessione ha solo carattere argomentativo, ma non sostanziale, nulla vi sarebbe da dire sul piano decisorio malgrado l’evidente “fraintendimento” giuridico-amministrativo venutosi a determinare. Ma, anche a voler andare al di là, ed oltre, soprassedendolo, l’evidente riassetto disordinato e confuso del perimetro isolano (siccome inutilmente costoso se parametrato sulle caratteristiche fisiche oggettive e soggettive dell’intero territorio) contemplato dalla riforma, in relazione al quale ho, in diverse circostanze, avuto modo di esprimermi in senso critico, ad essere oggi in discussione, nel caso specifico, e sorprendentemente, sembrerebbe proprio il corretto esercizio dell’autonomia statutaria nella sua idoneità a promuovere la partecipazione democratica dei cittadini, la quale, evidentemente, apparirebbe, come di fatto appare, gravemente “violata” (così sembrerebbe), proprio da coloro che, “in loco”, avrebbero avuto ieri, e avrebbero a tutt’oggi, il dovere di osservarla scrupolosamente preservandola da potenziali “attacchi” esterni.
La questione è spinosa, oltre che piuttosto imbarazzante sul piano istituzionale, ed il corretto contegno tenuto dal Governo Centrale nella circostanza è significativo, sotto altri e differenti profili dogmatici, e per contrasto alla rovescia, sia della “considerazione” bilanciata, sul piano nazionale, del particolare regime giuridico differenziato che qualifica la realtà isolana nella perfetta osservanza del concorso delle molteplici specificità che la caratterizzano, sia del fatto che l’autonomia speciale, lungi dall’essere “in crisi” (sebbene male amministrata per essere distorsivamente concepita) sembrerebbe, piuttosto, “in evoluzione”, “in fieri”, e per ciò stesso di complessa gestione pratica financo per coloro che siano stati ieri, e siano ancora oggi, chiamati ad interpretarla riflettendone all’esterno, attraverso la doverosa attività normativa, le qualità significative della sua essenza parametrandole sul rispetto dei principi democratici di partecipazione popolare.
Detto altrimenti, e più semplicemente: siffatta Legge Regionale n. 7 del 12 aprile 2021 contrasta con l’ordito normativo statutario nel momento in cui manca di osservare, preventivamente, il suo presupposto legittimante, ossia lo stretto ed ineludibile legame con il contesto democratico-sociale riflesso nelle operazioni necessarie di consultazione popolare “incomprensibilmente” (si fa per dire) ignorate. Alla luce di questa riflessione, probabilmente addirittura scontata nella sua implicazione “significante”, le reazioni della politica isolana appaiono piuttosto deludenti siccome a-criticamente orientate rispetto a sollecitazioni chiarificatrici legittime.
Intanto, perché l’argomentazione fatta valere dal Partito Democratico attraverso taluni dei suoi esponenti, sussunta nella compensatoria “adesione possibile al territorio di una Provincia da parte di un Comune, in mancanza di raccolta di firme in senso contrario, con il voto unanime del Consiglio comunale” (cfr. pagina face-book del Consigliere Roberto Deriu), appare, all’evidenza, come un riscontro “a posteriori” falsificante la preventiva, e mai intervenuta, espressione della volontà popolare di voler procedere nel senso dell’incremento del numero delle province, posto che la successiva adesione di un Comune all’una o all’altra di esse, è chiaramente circostanza temporalmente subordinata ed eventuale presupponente, di per se stessa, l’esito fausto dell’intervenuta consultazione popolare sull’unico punto qualificante inerente, per l’appunto, l’incremento numerico dell’ente territoriale in discorso.
Quindi, perché il potenziale rilievo esclusivamente politico della contestazione governativa, come lamentato dal partito leghista sardo, nella persona del Presidente della Prima Commissione in Consiglio Regionale, Pierluigi Saiu, appare chiaramente pretestuoso, siccome volto, per un verso, a riflettere nel contesto isolano l’immagine distorta e comunque ingenerosa di un Governo ostile e poco rispettoso del contesto Autonomistico Statutario, e siccome orientato, sembrerebbe, per altro verso, a mascherare l’assenza di argomentazioni rilevanti utili a contrastare l’intervenuta impugnazione sul piano strettamente giuridico.
Infine, perché, a stretto parere di chi scrive, il nocciolo del “thema decidendum” appare in realtà circoscritto, e purtroppo, al piano della riconosciuta esigenza di promuovere il sostegno, quanto la doverosa sollecitazione statale anche per garantire, sembrerebbe, il corretto esercizio delle funzioni decisorie regionali interne per l’incapacità (solo apparente) della Regione medesima di assicurare il corretto funzionamento della macchina burocratica. Si avverte come l’impressione che a perseguire caparbiamente, quanto probabilmente inconsapevolmente, siffatta impostazione dialetticamente claudicante, noi sardi, prima o dopo, ci ritroveremo costretti a riflettere sul “se” sia ancora opportuno insistere sulla necessità di “godere” di una “specialità normativa” solo ipoteticamente intensa e qualificante, posto che le ragioni della sua stessa persistenza si fondano non solo sulla capacità dei suoi interpreti di volta in volta presenti in Consiglio Regionale di renderla compiutamente e correttamente operativa, ma anche sulla loro ulteriore capacità di attualizzarla rispetto alle sollecitazioni esterne di qualunque consistenza, nonché rispetto alle operazioni necessarie di riequilibrio dei circuiti decisionali regionali interni cosiddetti di centro e di periferia e rispetto, altresì, alla doverosa osservanza del sentire della volontà generale del popolo, la quale sola, avrebbe potuto legittimamente, nel caso di specie, far corrispondere l’ “essere” (ossia la situazione esistente) con il “dover essere” (ossia la situazione trasformanda) del riassetto territoriale isolano, anche in contrasto con i “desiderata” della maggioranza politica.
Giuseppina Di Salvatore
(Avvocato – Nuoro)