Da tre anni è ministro per la famiglia, prima nel Governo Conte II e attualmente nel Governo Draghi.

Elena Bonetti, mamma di Tommaso e Chiara, vive a Mantova ed è Professore Associato di analisi matematica all’Università degli Studi di Milano.

Dopo la laurea in matematica nel 1997 presso l’Università di Pavia, ha conseguito un master all’Università di Milano nel 2002 ed ha iniziato la carriera accademica come ricercatrice nell’ateneo pavese fino alla cattedra meneghina conquistata nel 2016.

In casa la politica è sempre stata presente: la mamma, insegnante di scuola media in pensione, è stata consigliere comunale di minoranza e segretaria comunale del Pd nel suo paese natale, Asola, in Provincia di Mantova. Ma è soprattutto l’impegno nel sociale, in particolare nello scoutismo, che occupa un posto importante nella sua vita: per molti anni è attiva nell'Agesci ricoprendo incarichi a livello nazionale. Nel 2017 viene chiamata da Matteo Renzi a far parte della segreteria nazionale del PD come responsabile nazionale giovani e formazione mentre nel 2019 entra in direzione nazionale realizzando la scuola di formazione politica per giovani "Meritare Italia".

È l’ideatrice di un organico e innovativo piano per le famiglie, meglio noto con il nome di Family Act, che ha iniziato a prendere forma con l‘avvento del Governo Draghi dopo una lunga gestazione dal suo insediamento al ministero nel secondo Governo Conte. Nel settembre 2019 un passaggio cruciale: l’uscita dal PD e l’adesione a Italia Viva, la creatura di Matteo Renzi che determina la caduta di Giuseppe Conte e l’ascesa a Palazzo Chigi di Mario Draghi.

Le abbiamo rivolto alcune domande alla vigilia dell’evento, in cui parteciperà da remoto su invito del senatore Giuseppe Luigi Cucca leader regionale di Italia Viva, che si terrà venerdì 11 marzo a Nuoro al Teatro Eliseo (ore 19.30)  con protagoniste tante importanti donne della società isolana.

Ministra Bonetti o Ministro Bonetti?

“Sempre Ministra. Credo nella valorizzazione delle differenze, anche di genere, come base del pluralismo e del bene comune.

Questo vuol dire riconoscere il valore e la dignità di ciascuna e ciascuno e mettere a servizio della comunità le differenze che portiamo. Vale anche nel linguaggio. Se vogliamo testimoniare che le donne possono accedere a qualsiasi ruolo, vivendolo nell'esperienza del femminile, penso che anche il linguaggio debba declinarsi al femminile”.

Nuovo assegno unico per i figli. Ci spiega come funziona?

“Per la prima volta nel nostro Paese il sostegno alle famiglie con figli si concretizza in uno strumento universale e stabile, dal settimo mese di gravidanza fino ai 21 anni di età per ciascun figlio. Le famiglie hanno tempo fino al 30 giugno per fare domanda attraverso il sito Inps o presso i patronati e ricevere le retroattività da marzo. Chi chiederà l’assegno dopo il 30 giugno lo riceverà dal mese in cui ha fatto la domanda. L'erogazione è mensile, in una finestra temporale che va dal 15 al 21 di ogni mese. È il primo passo già compiuto e il primo pilastro di una riforma complessiva, quella del Family Act, che abbiamo voluto per rimettere al centro le bambine e i bambini e le famiglie del nostro Paese”.

A che punto è l’entrata in vigore complessiva di tutto il Family Act?

“Il Family Act è stato approvato con un voto sostanzialmente unanime alla Camera è ora all’esame del Senato.

Spero si arrivi il prima possibile alla sua approvazione per dare risposte concrete alle famiglie sui diversi assi della riforma: sostegno per i servizi educativi, congedi parentali, lavoro femminile e autonomia dei giovani. Sono azioni chiare, incisive e coerenti con gli obiettivi del Piano nazionale di ripresa e resilienza”. 

La famiglia è in crisi? Colpa dell’economia debole, dell’educazione, dei social?

“Il tempo che abbiamo vissuto, di profondo discernimento personale e collettivo a causa della pandemia, ha messo in evidenza i carichi cui le famiglie fanno fronte ogni giorno nel nostro Paese: si sono ritrovate a essere il luogo dove si è concentrata la nostra vita sociale, dalla scuola allo smart-working. Quell'umanità ricomposta nelle comunità familiari è stato però il luogo dove l'Italia ha ritrovato resistenza e resilienza: di fronte alla pandemia è scattato un senso di comunità e di corresponsabilità di cui le famiglie sono state la rete.

Il nostro compito è oggi rimetterle sempre più al centro e di accompagnarne i sogni, primi tra tutti quello di avere dei figli e che tutte le bambine e i bambini abbiano pari opportunità.

Su questo devono essere e sono concentrati tutti i nostri sforzi”.

Pari opportunità: come deve cambiare il lavoro delle donne?

“Il nostro Paese necessita di aumentare la qualità e la quantità del lavoro femminile in modo uniforme sul territorio nazionale, con un particolare impulso nelle regioni del Sud Italia.

Il governo Draghi ha da subito individuato nell'aumento dell'occupazione femminile uno degli obiettivi da raggiungere, e le misure messe in campo – decontribuzione del costo del lavoro delle donne, condizionalità per gli appalti nel Pnrr su donne e giovani, premialità e incentivi alle imprese con la certificazione per la parità di genere, asili nido e servizi di welfare e la ‘Strategia’, la prima nella storia del nostro Paese – ci dicono che è questa la strada giusta e dobbiamo andare avanti”.

Una donna al Quirinale, perché non si è riusciti?

“L’ho detto in diverse occasioni, le donne sono state messe in campo solo come simbolo, non sono stati costruiti percorsi per aggregare intorno a loro un reale consenso e le loro personalità, molto valide e qualificate, non sono state davvero valutate.

Il percorso tracciato dal presidente Mattarella e dal presidente Draghi è chiaro: la parità di genere e l’empowerment delle donne sono assi strategici per la ripartenza e lo sviluppo di tutto il Paese”.

Cosa le manca di più dell’insegnamento?

“Ogni insegnamento vive di ricerca e di relazione con gli studenti. Questa è l’anima dell’insegnamento universitario e sono due aspetti che mi mancano in egual modo”.

Cosa vorrebbe per le famiglie italiane?

“La possibilità di ritrovare fiducia. Fiducia in una comunità e in un Paese che vede in loro il centro della vita collettiva e anche di uno Stato che investe in loro sapendo di investire nelle nuove generazioni”. 

L. P.

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