Ha scalato molte vette (politiche) ma nel suo futuro anche 3 figli
Maria Elena Boschi si racconta a L’Unione Sarda: “Per i miei 40 anni sognavo un viaggio in Argentina, ma col Covid addio al viaggio”
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Sempre prima della classe con maturità da 100 centesimi e laurea con lode in Giurisprudenza, Maria Elena Boschi entra in politica, dopo un impegno cattolico molto intenso, nel comitato per la candidatura a Sindaco di Firenze di Massimo Ventura contro l’allora Presidente della Provincia Matteo Renzi.
La spuntò Renzi e la enfant prodige della politica fece squadra, senza riserve, per sostenere il candidato vincitore per la corsa alla guida di Piazza della Signoria.
Renzi conquistò Firenze nel 2009 e da lì nacque una collaborazione che portò Maria Elena Boschi alla Camera dei Deputati nel 2013.
Con l’elezione a Montecitorio l’avvocato, nata a Montevarchi e cresciuta a Laterina, esperta in diritto societario e commerciale, conquista i gradini più alti delle istituzioni repubblicane: Segretaria della Prima Commissione, poi Ministro per le riforme costituzionali e per l’attuazione del Programma di Governo fino a Sottosegretario della Presidenza del Consiglio dei Ministri, prima donna nella storia a ricoprire questo incarico, con Premier Paolo Gentiloni.
Rieletta nel 2018 col PD, lascia il partito l’anno successivo per fondare Italia Viva.
Oggi è presidente del Gruppo dei Deputati della nuova creatura di Matteo Renzi, oltre a proseguire la carriera universitaria presso la cattedra Jean Monnet dell'Università Europea di Roma dove ha tenuto fino al 2020 i seminari annuali sul ruolo femminile nelle amministrazioni pubbliche, nell'attività d'impresa e nei processi d'innovazione.
Proprio all’inizio dell’anno, nel pieno della pandemia, festeggiava 40 anni. Cosa ha potuto fare il giorno del suo compleanno con le chiusure ed i lockdown di gennaio?
“Da tempo sognavo un viaggio in Argentina per i miei 40 anni e invece, causa Covid, niente viaggio e niente festa con gli amici purtroppo. Il regalo più bello è stato comunque poter festeggiare con il mio compagno e la mia famiglia. Proprio in un anno in cui molti Italiani hanno pianto i propri cari portati via dal Covid, io sono stata fortunata”.
Il costituzionalista Sabino Cassese ha cercato di spiegare in tv, a più riprese, che il green pass è legittimo. Lei, da avvocato ed ex Ministro per le Riforme Costituzionali, cosa vuol dire ai lettori per fugare i dubbi di chi è ancora titubante sull’importanza dei vaccini?
“La legittimità del Green Pass è stata confermata non solo dal professor Cassese, ma anche da tanti altri costituzionalisti che hanno rilevato come, nella nostra Carta fondamentale, la salute non sia tutelata solo come diritto del singolo ma come interesse della collettività, secondo principi di solidarietà e di responsabilità. Ma non serve essere un giurista per spiegare l’importanza dei vaccini: lo scorso anno in questo periodo c’erano 700mila persone positive di cui 3500 in terapia intensiva, c’erano zone rosse in tutto il Paese - con ragazze e ragazzi privati della scuola in presenza - e si contavano centinaia di morti ogni giorno. Questi numeri e i lockdown, con la seria campagna di vaccinazione portata avanti da Draghi e dal generale Figliuolo, sono solo un brutto ricordo”.
L’Italia è un modello a livello mondiale per la gestione delle vaccinazioni dopo la svolta imposta da Mario Draghi, raggiungendo percentuali da primato. Quanto si sente protagonista di questo successo visto che Italia Viva ha lasciato tutte le poltrone del Governo giallo-rosso pur di cambiare Premier?
“Noi di Italia Viva siamo stati il motore del cambiamento. Abbiamo mandato a casa Conte, la legislatura è andata avanti e al governo è arrivato Draghi. Nei giorni della crisi molti ci davano degli irresponsabili e ci minacciavano. Conte cercava i responsabili in Parlamento e il PD sosteneva la tesi “o Conte o morte”. Oggi, molti sembrano fare a gara per avere la patente di più draghiani di Draghi. Bene che abbiano cambiato idea. Di sicuro con Draghi sono cambiate le sorti dell’Italia. Non solo per i vaccini, ma anche perché il Paese è tornato ad avere fiducia, il Pil a crescere anche grazia al PNRR e l’Italia a giocare un ruolo in Europa e non solo”.
La protesta di Stefano Puzzer è molto civile se paragonata a all’assalto alla Cgil di Roma. Cosa pensa?
“L’espressione del dissenso deve essere tutelata, come il diritto di manifestare. Quello che non è accettabile, è che una minoranza possa mettere a rischio la salute collettiva e compromettere la ripresa economica di un Paese che sta cercando di uscire dalla più grave emergenza del dopo guerra. Le continue manifestazioni no vax e no green pass hanno fatto esplodere dei focolai di Covid mettendo di nuovo in difficoltà gli ospedali, come a Trieste. E in generale stanno bloccando le attività dei centri storici delle nostre città che, come a Milano, stanno cercando di ripartire nonostante la crisi. L’assalto alla Cgil è se vogliamo ancora più grave: una ferita per la vita democratica del Paese, guidata da movimenti di estrema destra che hanno cavalcato una contestazione lecita per portare a una torsione eversiva. Tutta Italia Viva a cominciare da Matteo Renzi ha portato la propria solidarietà visitando le sedi della CGIL e partecipando alla manifestazione di piazza a Roma”.
A che punto è la proposta di Italia Viva per la commissione di inchiesta sulla gestione della pandemia?
“Con oltre 132mila morti abbiamo il dovere di dare parole di chiarezza agli italiani. Al Senato abbiamo presentato una proposta di legge per dare le risposte che le cittadine e i cittadini stanno aspettando, per un dovere di trasparenza, per fare luce sulle opacità della gestione commissariale. Se su tamponi, mascherine e ventilatori non funzionanti c’è chi ha fatto affari proprio quando l’emergenza mordeva di più qualcuno dovrà assumersene la responsabilità. Purtroppo la nostra proposta è stata respinta. Proseguiremo la nostra battaglia alla Camera. Certo, dispiace che sui giornali e in TV si dedichi così poco spazio al fatto che gli altri partiti si oppongano a fare chiarezza su una delle pagine più dolorose della nostra storia recente”.
Il disegno di legge sull’omotransfobia portato avanti da Alessandro Zan è naufragato. Di chi è la colpa?
“Di chi ha preferito sventolare la bandiera dei diritti piuttosto che lavorare per vederli riconosciuti. Il Pd e il M5S hanno preferito rischiare di affossare la legge Zan andando incontro ad un voto segreto dall’esito scontato che lavorare al difficile tavolo del compromesso. E ovviamente la responsabilità è anche di un centro destra che ha mostrato il suo volto più triste quando ha applaudito in Senato dopo la “bocciatura” della legge. Noi con il governo Renzi siamo riusciti ad approvare la legge sulle unioni civili perché non abbiamo inseguito i like sui social, ma abbiamo messo la fiducia su un testo, frutto di una mediazione complicata anche con un pezzo del centro destra. Mi spiace che molti ragazzi e ragazze che oggi avrebbero potuto avere delle tutele in più siano stati delusi da chi ha preferito una sconfitta in Parlamento per fare una intervista in più”.
Italia Viva ha designato per i suoi due incarichi di Governo altrettante donne. Siete voi avanti o sono molti altri partiti ancora indietro sulla parità di genere?
“Sono felice di stare in un partito che riconosce il valore delle donne: Italia Viva ha la parità di genere come elemento fondante, è il primo punto della nostra Carta dei valori. Tutti i ruoli di partito sono ricoperti da un uomo e da una donna per esplicita previsione dello statuto e siamo i soli a farlo. Il governo Renzi peraltro è stato l’unico nella storia del nostro Paese ad avere un ugual numero di uomini e donne ministro.
Purtroppo c’è ancora tanto da fare per raggiungere una parità vera non solo in politica, ma anche fuori dalle istituzioni. E non vale solo per i ruoli di vertice”.
Riforma fiscale e riduzione delle tasse. Quali sono le proposte di Italia Viva per l’economia?
“La semplificazione e la riduzione della pressione fiscale sono sempre stati punti fermi della nostra azione riformista. Ora, dopo la crisi pandemica, è ancora più urgente far pagare meno tasse a chi lavora e produce, a partire dall’eliminazione dell’Irap, proseguendo con l’abbattimento della ritenuta d’acconto per le lavoratrici e i lavoratori autonomi, fino a favorire un sistema che spinga le donne a rientrare nel mondo del lavoro attraverso incentivi fiscali. Perché un Paese che vuole crescita non può fare a meno delle donne. In generale, dobbiamo fare ogni sforzo possibile per ridurre la tassazione sulle persone fisiche”.
Assieme a Calenda, che ha avuto a Roma un risultato fuori da ogni più rosea aspettativa, e a qualche altra forza politica in fase di consolidamento, voi potreste rappresentare nel 2023 quel centro che oggi manca nell’arco costituzionale?
“Calenda a Roma, grazie anche ai nostri candidati risultati i più votati, ha fatto un bel risultato indubbiamente, ma purtroppo non è arrivato al ballottaggio. Il risultato di Roma ma anche i nostri risultati in molte altre città da Milano a Bologna, in Toscana ci dicono che c’è un elettorato riformista, liberale, europeista, che non si riconosce nei populisti di destra e di pseudo sinistra. Noi siamo un’alternativa a Salvini e Meloni ma anche a Conte e Di Maio”.
Qualche anno fa, mentre era Ministro, parlava di tre figli nel suo futuro. Il progetto di famiglia numerosa è ancora in piedi o prevale il lavoro e l’impegno politico?
“Purtroppo credo sia una peculiarità tutta italiana quella di contrapporre un progetto di famiglia con il lavoro. Mi sono sempre battuta perché le donne non debbano vivere il lavoro o la maternità come una rinuncia di altro, ma anche perché lo stesso possa valere per gli uomini. Nel mio caso, chi lo sa cosa riserverà il destino. Non si sa mai”.
L.P.