Il Governo targato Mario Draghi, nei giorni appena trascorsi, durante il Consiglio dei Ministri del 22 febbraio 2021, ha varato il suo primo decreto anti-Covid che, guarda caso, proroga il blocco degli spostamenti interregionali fino alla data del 27 marzo.

Del pari, sembra proprio siano in arrivo nuove restrizioni valide fino a dopo Pasqua perché “non ci sarebbero le condizioni per allentare le misure di contrasto alla pandemia”. Il nuovo Dpcm entrerà in vigore, pertanto, il prossimo 6 marzo e spiegherà i suoi effetti fino al successivo martedì 6 aprile.

Decisioni senz’altro da condividere, ma, a volerla dire tutta, si ha quasi l’impressione di sentire riecheggiare, in sottofondo, le parole sagge e misurate del Professore ed Avvocato Giuseppe Conte il quale, in occasione di un proprio intervento ai microfoni de “Il Riformista”, solo qualche mese fa, aveva avuto modo di sottolineare la necessità di “mantenere solida la convinzione” per la quale “sarebbe stato impossibile tutelare il motore della nostra economia senza prima salvaguardare la salute dei cittadini”.

Ora come allora, quindi, mutatis mutandis, nonostante il cambiamento della espressione soggettiva alla carica della Presidenza del Consiglio dei Ministri, il confronto costante sulle “misure” da adottarsi e privilegiarsi per contrastare la diffusione del virus e delle sue molteplici varianti non cessa di costituire il vero e solo banco di prova su cui poi valutare gli eventuali successi futuri, se ci saranno, e i dubbi non mancano, di questo rarefatto ed evanescente esecutivo, il quale, fin dal suo nascere, si presenta, almeno in apparenza, piuttosto povero di sostanza pratica rispetto a quelle che erano, e avrebbero voluto essere, le aspettative iniziali. Chi lo avrebbe mai detto: Mario Draghi come Giuseppe Conte.

Ma siamo davvero di fronte ad un Conte-Ter restaurato nel nome ed in qualche sua componente ministeriale ma non nel programma d’azione? Come riuscirà, Mario Draghi, a gestire un fenomeno patologico in continua ed incessante mutazione che sembra volerci “sfinire” fisicamente e psicologicamente giocando sul terreno crudele e paludoso dell’alternanza tra momenti lunghissimi di “recrudescenza” della contagiosità e momenti fugaci di corrispettiva “attenuazione”?

Il nuovo Presidente del Consiglio dei Ministri, anche al di là delle opinioni e delle dichiarazioni rilasciate dal Ministro della Salute, all’esito di ogni possibile valutazione pragmatica, preferirà procedere imponendo un “contenimento” forzoso e rigido da calibrare nella durata, oppure riterrà maggiormente opportuno, e meno invasivo, procedere sulla via più blanda, e potenzialmente meno efficace, di privilegiare moderati e contenuti interventi di carattere selettivo presupponenti “contenimenti” di rilievo locale perimetralmente individuati?

E ancora: riterrà più utile, ai fini non solo unitario-pratici, ma anche di cosiddetta “economia temporale”, adottare misure equivalenti sull’intero territorio nazionale, oppure provvederà di volta in volta, sulla base dell’evolversi quotidiano della situazione a livello territoriale, ad inasprirle solo relativamente alle Regioni e/o Province maggiormente in sofferenza?

Gli interrogativi sono sempre e comunque tanti, ma le risposte continuano ad essere incerte e contraddittorie in quella che dovrebbe essere la loro seria articolazione percettiva di ordine generale. Ci ritroviamo sempre “punto e a capo” a lambiccarci letteralmente il cervello nel tentativo, probabilmente vano, ma doveroso, di comprendere da quale parte stia il buon senso prima ancora della ragione. Quanto meno, ad oggi, Mario Draghi, rispetto al suo temperante e acuto predecessore, dispone di un punto fermo da cui partire, e che faciliterà, forse, la sua azione “politica”, siccome la Corte Costituzionale, a dispetto della Babele di iniziative singolarizzanti cui nel corso dei mesi trascorsi siamo stati variamente investiti, e che avevano creato non poco disagio organizzativo al precedente esecutivo, ha chiarito una volta per tutte che il legislatore regionale, anche se dotato di autonomia speciale, non può invadere con una sua propria specifica disciplina una materia avente ad oggetto la pandemia da Covid-19, diffusa a livello globale, ed in quanto tale affidata interamente alla competenza legislativa esclusiva dello Stato a titolo di profilassi internazionale. Purtroppo, tuttavia (ed ecco il perché di quella richiamata espressione dubitativa), siffatta circostanza non sarà sufficiente a porsi quale garanzia di unitarietà di intenti e coesione.

Intanto, perché, sebbene risponda al vero che Mario Draghi, mago della finanza ma non certo del tatticismo strumentale tipico delle classi politiche incoerenti ed impreparate dei tempi correnti, possa ad oggi fregiarsi di una apparente larga maggioranza, tuttavia, parrebbe apparire altrettanto vero che quella medesima maggioranza condensa in un “unicum” innaturale, e gioco-forza, posizioni e prospettive ampiamente contrastanti sulla gestione dell’emergenza sanitaria che, tra qualche mese, anche prima del cosiddetto “semestre bianco” considerato il sia pur temperato dinamismo espressivo del Leader del Carroccio Matteo Salvini, e considerata, altresì, la rivoluzione interna al Movimento 5 Stelle, lacerato dallo scontro frontale tra la sua componente riformista e la sua componente più conservatrice, potrebbero condurre all’implosione di un Governo di fatto ancora inadempiente nel fornire risposte valide alle categorie più colpite dalla crisi economica indotta dalla pandemia. Quindi, perché, allo stesso modo, la stabilità nel tempo dell’attuale neonato esecutivo dell’“ammucchiata”, è direttamente connessa alla sagacia ed ingegnosità di ciascun singolo partito che ne è espressione di “sopportare” la propria “accessorietà” all’interno dello stesso nell’ottica della potenziale azione di condizionamento delle scelte politiche interne ed esterne. Infine, perché non potrà che essere inevitabilmente “politica”, e quindi unicamente di rilevanza parlamentare, la scelta tra “tutela della economia” e “tutela della salute”, sempre che una scelta dicotomica in tal senso sia giusto ed opportuno operarla, dal momento che ogni tentativo di coniugazione pratica di un dualismo antagonistico irricevibile, prima ancora che irrisolvibile sul piano ideologico, rappresenta sempre l’anticamera del fallimento di ogni intrapresa iniziativa. Personalmente ritengo che il Governo debba trovare la forza di esprimere una volontà programmatica unitaria ambivalente se vuole veramente portare il Paese al di là dell’immobilismo che oggi, più di ieri, lo perseguita, giacché è fin troppo chiaro, ed è quasi ozioso doverlo rammentare, che non si possa mai operare una scelta netta tra “salute” ed “economia” dal momento che, fermo restando il rispetto delle più elementari regole di sopravvivenza, non può concepirsi l’una senza l’altra e viceversa. L’unica vera chiave di volta restano i vaccini i quali debbono divenire “bene comune” liberamente fruibile: avanti tutta, quindi, con la campagna vaccinale per riappropriarci della nostra quotidianità.

Giuseppina Di Salvatore

(Avvocato - Nuoro)
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