Con l’elezione dei presidenti delle Camere è iniziata ufficialmente la XIX legislatura e ha preso il via il percorso che porta alla formazione del nuovo governo.

Il centrodestra ha fatto in fretta: La Russa è stato eletto al primo colpo, Fontana al quarto, il primo in cui alla Camera dei deputati basta la maggioranza assoluta e non è necessaria quella dei due terzi.

Ma ieri a Palazzo Madama si è palesata una rottura tra Silvio Berlusconi e Giorgia Meloni. I senatori di Forza Italia non hanno partecipato al voto (a causa del veto di Giorgia Meloni a un ministero per la Ronzulli) e per eleggere Ignazio La Russa (FdI) è stato necessario il soccorso delle opposizioni. Almeno 17 (ma potrebbero essere stati anche di più, considerato che alcuni voti del centrodestra sono andati a Calderoli) senatori tra Terzo Polo, Pd e Movimento 5 Stelle hanno votato La Russa, salvando in extremis Giorgia Meloni dal primo fallimento e dimostrando che in fondo, se Berlusconi arrivasse allo strappo definitivo, un’altra maggioranza è possibile.

La rottura si è in parte ricomposta oggi a Montecitorio, dove i deputati forzisti sono rientrati nei ranghi e hanno votato per il leghista Lorenzo Fontana sullo scranno più alto della Camera.

Il centrodestra ha scelto due figure molto identitarie, provocando la levata di scudi di tutte le opposizioni, compresa quella più moderata del Terzo Polo, che per la presidenza delle Camere chiedevano – come consuetudine – figure più istituzionali e super partes. 

GLI APPUNTI “INCRIMINATI”

A scatenare qualche attrito tra il Cav. e Meloni sono state le foto che immortalano gli appunti sfogliati da Berlusconi in aula in cui la definiva “supponente, prepotente, arrogante e offensiva”. Di questi aggettivi i cronisti hanno chiesto conto alla premier in pectore all’uscita della Camera: “Mi pare che tra quegli appunti mancasse un punto – la risposta piccata - e cioè 'non ricattabile'".

LE PROSSIME TAPPE PER LA FORMAZIONE DEL GOVERNO

Eletti i presidenti, deputati e senatori hanno 48 ore di tempo per la scelta del gruppo parlamentare. Entro il 16 ottobre dunque, l’indomani – il 17 – i presidenti convocano i gruppi parlamentari per procedere all’elezione dei capigruppo, che dovrebbe avvenire entro la sera del 18 ottobre.

Eletti i capigruppo, ci sono tutti i soggetti con cui il presidente della Repubblica interloquisce nelle consultazioni per la formazione del nuovo governo.

Il 19 dunque, mentre le Camere parallelamente eleggono i vicepresidenti, comincia la “sfilata” al Colle: di solito a salire al Quirinale sono i presidenti delle Camere, i leader delle coalizioni, i capigruppo, gli ex presidenti della Repubblica.

Tra il 20 e il 21 ottobre Sergio Mattarella affiderà l’incarico quasi sicuramente a Giorgia Meloni, che accetterà e avvierà le sue consultazioni mentre – tra il 21 e il 22 ottobre – il premier in carica Mario Draghi parteciperà a Bruxelles al suo ultimo Consiglio europeo.

In questa fase il premier incaricato compila la lista dei ministri da presentare al presidente della Repubblica. Quindi, con la firma e controfirma dei decreti di nomina del presidente del Consiglio e dei ministri è tutto pronto e il nuovo governo può giurare. Probabilmente già il 24 (o il 25) ottobre l’esecutivo sarà formalmente insediato.

Dopo il giuramento c’è la cerimonia del passaggio della campanella a Palazzo Chigi, infine – entro 10 giorni dalla data di insediamento - il voto di fiducia alle Camere.

LE INSIDIE

Nella migliore delle ipotesi dunque a meno di un mese dalle elezioni potremmo avere il nuovo governo. Tempi rapidissimi, se si considera che Conte giurò il primo giugno 2018 dopo le elezioni del 4 marzo. E questo perché il voto degli elettori ha dato un chiaro mandato alla maggioranza di centrodestra.

Non ci sarà bisogno, dunque, delle infinite trattative che portarono alla nascita del primo governo Conte. Ma la strada è sempre lunga e lastricata di ostacoli. Se il buongiorno si vede dal mattino, i rapporti tra Meloni e Berlusconi sono già ai minimi termini, come dimostrano il voto al Senato e il bigliettino del leader di Forza Italia con gli “appunti” non proprio benevoli nei confronti della nuova premier in pectore. 

E c’è anche il nodo Lega da sciogliere: Salvini reclama per i suoi ministeri di peso, per sé il Viminale. Ma Giorgia Meloni al ministero dell’Interno vorrebbe un tecnico di area centrodestra e preferirebbe non replicare la stagione di Salvini durante il primo governo Conte.

“Ci faremo trovare pronti”, ha detto la leader FdI, assicurando che sarà molto rapida nella formazione dell’esecutivo che si deve subito dedicare alle emergenze (il caro bollette) e alle scadenze (la legge di bilancio). Ma prima c’è da ricomporre la rottura con Berlusconi e da accontentare Salvini senza cedere su tutta la linea. 

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