È morta Cecilia Contu, segretaria nazionale del Partito Sardo d'Azione dal 1994 al 1995 e  Presidente della Provincia di Cagliari dal 1992 al 1995.

Era nata a Codrongianos ma aveva radici ogliastrine. Aveva 85 anni. Era la figlia di Anselmo Contu, nato ad Arzana, primo presidente del consiglio regionale e leader del sardismo.

Vi riproponiamo l’intervista a Cecilia Contu, proprio nel ricordo del padre, pubblicata su L’Unione Sarda nell’aprile del 2021 in occasione del centenario della nascita del Partito sardo d’Azione.

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“Non dunque isolazionismo patriarcale, negatore di ogni moderna conquista, ma organizzazione moderna della vita sociale nell’ambito della Regione divenuta istituto fondamentale dello Stato federalistico. Restituite le Regioni alla loro naturale autonomia, liberati i lavoratori dallo sfruttamento e dalla miseria, affrancata l’economia dalle barriere doganali, nascerà lo Stato vero, sintesi della storia di un popolo libero dal dispotismo e dal bisogno”. L’idea sardista di Anselmo Contu, primo presidente del Consiglio regionale  nel 1949. Nasce ad Arzana nel 1900. Vuole fare il giornalista, si laurea in Giurisprudenza con una tesi sulla libertà di stampa. Tesi coraggiosa con il fascismo che travolge brutalmente i valori democratici. Nell’introduzione scrive: “Le questioni inerenti al mio argomento potrebbero definirsi con frase molto comune di palpitante attualità. Mai come oggi si è tanto parlato di libertà e di autorità. Le moderne carte costituzionali sono tutte sorte dalla lotta contro l’assolutismo e per conseguenza sono un effetto diretto e indiretto della rivoluzione”. Il relatore è Umberto Cao, che aveva lasciato il Partito Sardo d’Azione, di cui era stato anche deputato, per aderire al Partito nazionale fascista. Anselmo Contu diventa avvocato. Per farsi le ossa frequenta lo studio di Emilio Lussu. Non trascura il giornalismo: in due occasioni guida “Il Solco”, il foglio del Psd’Az.   Vive la drammatica esperienza dell’incendio e della devastazione della redazione cagliaritana, nel corso Vittorio Emanuele, da parte di un gruppo di fascisti. Lui, giovanissimo direttore, mette in pratica, senza paura, i principi di libertà enunciati nella tesi di laurea. La figlia Cecilia, 84 anni, che è stata segretaria del Psd’Az e presidente della Provincia di Cagliari, ricorda così suo padre, la dimensione pubblica e quella privata: “È insieme a me ogni giorno, continua a essere il mio punto di riferimento. Era razionale, generoso e parsimonioso. Diceva per spronarmi a studiare: “A me nessuno ha mai regalato nulla”. È stato un padre affettuoso e tenerissimo. Per me inventava storie fantastiche, canzoni e filastrocche. Alla famiglia riservava le ore del pomeriggio. Ricordo lunghe passeggiate nei dintorni di Lanusei e anche a Cagliari nelle vie deserte della città. Aveva un gusto raffinato, ma odiava l’ostentazione. Ha sempre conservato e difeso i suoi valori e le sue due fedi: il sardismo e la religione cattolica”.

Il ricordo più forte?

“Risale a una notte dell’estate del 1943. C’eravamo trasferiti in campagna, ospiti di amici, per paura che i fascisti potessero prelevare mio padre e mandarlo al confino. Sentimmo i colpi al portone e un confuso vociare, lui mi sollevò dal letto, mi strinse forte e mi baciò. Poi prese il fucile e uscì nel buio. Era il 25 luglio. Gli amici erano venuti a comunicargli che il fascismo era caduto”.

Ha aderito al Partito Sardo d’Azione nei primi anni Venti. Lui e altri giovani insieme ai padri nobili hanno dato slancio alla forza politica nata dal movimento dei combattenti.

“Ha aderito giovanissimo al Partito Sardo con profonda convinzione. Sino alla morte, nel 1975, ha mantenuto viva la fede sardista, Difficilmente parlava con me delle questioni del Partito, né mai mi lasciò intendere i contrasti interni e le invidie di cui era oggetto. Parlava di un grande progetto politico, del riscatto del popolo sardo, di un modello di Stato diverso, federale, come la Svizzera, mi diceva. Dava alle mie domande risposte semplici e chiare”.

Sardista e antifascista.

“Sardista, antifascista e anticomunista perché spiegava: “gli estremismi si toccano e nei regimi totalitari vengono soppresse le libertà a cui un uomo non può rinunciare”.

L’arresto nel 1928 “per essere stato promotore dell’associazione antifascista Giustizia e Libertà avente lo scopo di combattere il regime per i comuni di Lanusei ed Arbatax di Tortolì”.

“Venne arrestato, la sua casa perquisita. Fu condotto prima nel carcere Buoncammino e poi, in nave, a Regina Coeli, a Roma,  era la notte di Natale. Rimase in isolamento per tre mesi. Scrisse una circostanziata memoria difensiva, che inviò alle “competenti autorità”. Venne liberato. Fu la sua prima vittoria da avvocato. Ogni volta che a Lanusei veniva organizzata una manifestazione fascista ci imponeva di restare in casa”.

La passione per il giornalismo.

“Avrebbe voluto fare il giornalista ma le circostanze della vita non glielo consentirono, ma aveva tutte le qualità che un buon giornalista deve avere e soprattutto una scrittura essenziale e diretta. A una premessa articolata seguiva la trattazione della materia, seguendo una logica stringente per poi arrivare alla conclusione. A me ha insegnato la famosa “scaletta” che mi ha permesso di ottenere sempre ottimi voti in Italiano”.

Che cosa è per lei il sardismo?

“Quello che è stato per mio padre: una dimensione dello spirito e l’unico  strumento per raggiungere l’indipendenza della nostra terra. I giovani devono studiare, approfondire questo filone politico e ideale non per interesse personale, ma per raggiungere finalmente i traguardi che i nostri padri avevano già intravisto e sognato fin dal 1921”.

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