S ono morti in tanti, più di trecento, più degli Spartani alle Termopili. Sono i soldati della Repubblica Italiana uccisi dai tumori, dopo aver partecipato a una missione militare all'estero. Più di settemila quelli che si sono ammalati dagli anni Novanta a oggi.

Il generale Roberto Vannacci, già comandante delle Folgore e del contingente italiano in Iraq fino all'agosto del 2018 e oggi generale di divisione, ha presentato un esposto alla Procura Militare e, pare, a quella ordinaria, nel quale ha denunciato «gravi e ripetute omissioni nella tutela della salute e della sicurezza del contingente militare italiano, costituito da migliaia di militari impiegati in Iraq e sottoposti, tra l'altro, all'esposizione all'uranio impoverito senza che alcuna informazione fosse fornita al riguardo e senza che alcuna mitigazione dei rischi fosse attuata».

La notizia è stata data da Peter Gomez nella sua trasmissione televisiva. Come non ricordare, di fronte al gesto di un alto ufficiale che trova un coraggio ben superiore a quello necessario in battaglia, le conclusioni della Commissione Parlamentare d'inchiesta sull'uranio impoverito presieduta da Gian Piero Scanu?

C onclusioni importantissime per i soldati e per i poligoni sardi e variamente osteggiate da tutti i ministri pro tempore, nonché dall'immarcescibile Ministero della Difesa. Era il 2018, la Commissione finì i suoi lavori, la verità fu digerita, Scanu non venne ricandidato dal suo partito (il Pd) e tutto riprese come prima.

Questa è una vicenda, come quella sulla cosiddetta trattativa Stato-Mafia, di oscurità di Stato, la quale si realizza quando uomini politici e apparati compiono consapevolmente azioni che non vogliono siano comprese fino in fondo. Gli storici e i giornalisti addebitano, spesso, queste trame a fantomatici servizi di sicurezza deviati o a ufficiali corrotti o comunque traditori.

Il terrorismo è roba da servizi deviati; la guerra e i suoi preparativi sono, invece, sempre questioni di Stato.

Se un ufficiale fa qualcosa di programmato e sistematico, ciò accade perché gli è stato detto di farlo. Non si può decidere di bombardare la Serbia, di intervenire in Kosovo, in Iraq e in Afghanistan e far credere che non si sappia con che armi si combatte e in quali teatri di guerra si agisce.

Ma ancor di più non si può essere ministri della Difesa, ricevere costantemente interrogazioni di parlamentari di diverse parti politiche sulle armi impiegate nei poligoni, e dichiarare di non sapere che cosa realmente facciano le forze armate italiane e alleate quando si esercitano.

Il politico ha “coperto” sempre il militare e viceversa, e così sono nate le notti oscure della Repubblica, quelle nelle quali il comune interesse di pochi a nascondere i propri errori ha generato l'ingiustizia e la violenza di Stato.

Sono nati così (e continuano a nascere) i rapporti di polizia giudiziaria ricchissimi di bugie che il magistrato si guarda bene dal verificare. Sono nate così le campagne stampa di inquinamento del prestigio personale di quanti si impegnano a non subire le menzogne ufficiali. Sono nate così le solitudini delle vittime, trattate da visionari, da profittatori, da malati depressi, da invalidi manipolati da familiari pigri in cerca di facili pensioni.

Tutto questo è nato da un accordo tra politici e strutture dello Stato. Si vada a vedere la carriera dei ministri della Difesa dal Novanta a oggi. Nel mezzo di questo teatro delle mistificazioni, tanti parlamentari che, pur dotati dei poteri sanciti dalla Costituzione, si sono girati dall'altra parte perché hanno fiutato il pericolo di finire male; tanti papaveri di vigliaccheria vestiti che chiuderanno gli occhi sapendo di aver tradito l'umanità per la loro non negoziabile comodità.

PAOLO MANINCHEDDA
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