V oi Sardi che vivete nei continenti del mondo aiutateci da lì, dove siete, a dire qui, in Sardegna, dove stiamo noi, che non siamo un insieme casuale di uomini e donne; che non stiamo gli uni con gli altri perché costretti dal mare. Aiutateci a dire che stiamo insieme perché lo vogliamo, perché non viviamo questa terra come una condanna né come un destino, ma come un dono. Aiutateci a dire che saremmo Sardi anche senza la Sardegna, perché ormai dopo millenni di storia, la Sardegna è una forma delle anime prima che un'isola. Noi siamo come gli ebrei, gli armeni, i curdi, i cristiano-maroniti, i copti, gli irlandesi, gli apache: noi siamo una inestirpabile Nazione del mondo.

Ognuno di noi è Sardegna: finché uno di noi sarà vivo, la memoria del mare percorso, dei cieli attraversati, dei mestieri svolti, delle lettere scritte, delle pietre trovate e messe le une sulle altre, dei volti incontrati, degli alberi accarezzati, delle parole, antiche e moderne, pronunciate, tutto sarà vivo. Noi siamo la dimostrazione che la porta dell'infinito è nella profondità delle anime e non nella grandezza delle cose. Noi abbiamo la memoria dei sardi uccisi. Noi ricordiamo le nostre donne incinte deportate a far le serve nelle case di decadenti baroni catalani; noi abbiamo la memoria dei giovani sardi passati a fil di spada, inseguiti e esiliati. Noi abbiamo memoria della fame patita per l'ingordigia dei signori; noi ricordiamo i paesi circondati dall'esercito e poi assaliti e depredati per essere puniti dallo Stato italiano; noi ricordiamo la paura all'uscita delle trincee, l'appuntamento ripetuto con la morte per una guerra per noi senza senso; noi sappiamo come e perché siamo stati resi immemori dei nostri mestieri e delle nostre capacità, trasformati in banali e succubi consumatori, in rassegnati uomini che meccanicamente nascono si nutrono e muoiono. Noi conosciamo perfettamente il nostro dolore, le nostre responsabilità, le nostre colpe. Le guardiamo tutti i giorni in faccia, per imparare a riconoscerle e a non farci dominare dallo sconforto. Noi lottiamo ogni giorno contro la nostra parte peggiore, per impedirle di essere lo strumento di chi ci vuole arresi. Noi siamo una Nazione. Abbiamo la forza per attraversare il futuro, dare un senso collettivo al presente, restituire giustizia al passato. Noi siamo una Nazione dell'Europa e del Mediterraneo. Nessuno ci può rappresentare, nessuno ci può interpretare, nessuno ci può difendere, nessuno ci può guidare se non noi stessi. Noi abbiamo questa buona coscienza che ci sostiene; abbiamo la forza di chi sa di stare nel giusto prima e oltre ogni calcolo; non facciamo politica per trovare lavoro; facciamo politica per dare senso ai gesti e alle azioni, per generare ricchezza e lavoro, per rompere il giogo dei moderni baroni stretti intorno ai profitti garantiti dalle funzioni pubbliche. Voi Sardi che vivete nei continenti del mondo aiutateci da lì, dove siete, a dire qui, in Sardegna, dove stiamo noi, che basta un gesto semplice, dal 6 al 16 dicembre, basta un clic, per dire che siamo una Nazione, che anche se viviamo in Australia, in Germania, a Torino o in Grecia, noi siamo persone unite da una fratellanza profonda che ha un senso nella storia e nella politica. Chiamate e scrivete ai Sardi di qui, dite loro di non avere paura, di scrollarsi di dosso lo scetticismo e il servaggio ai piccoli signori del signoraggio locale che temono di perdere la carne e il coltello con la nascita di una nuova coscienza nazionale che illumini quanto immeritato sia il loro privilegio. Voi Sardi che vivete nei continenti del mondo aiutateci da lì; noi Sardi che viviamo qui restituiremo il vostro impegno con una nuova storia.

Paolo Maninchedda
© Riproduzione riservata