F osse vivo oggi, Carlo Maria Giulini avrebbe 105 anni. Era nato a Barletta nel 1914 e, fin da bambino, aveva dedicato la sua vita alla musica diventando uno fra i più grandi direttori d'orchestra: protagonista di leggendarie produzioni liriche con Visconti, Zeffirelli e Maria Callas e capace di guidare impeccabilmente la Filarmonica di Vienna, quella di Berlino, il Royal Concertgebow di Amsterdam, l'orchestra romana di Santa Cecilia e quella milanese della Scala.

Nell'ottobre del 1996 ai cagliaritani non parve vero di poter godere della Terza e della Quarta Sinfonia di Brahms da lui impeccabilmente dirette. Aveva più di ottant'anni ed era quello che i francesi chiamano un grand seigneur. Questa sua nobiltà d'animo, questo suo pudore, l'imbarazzo per l'applauso, la modestia che incarnava e la totale mancanza di divismo lo rendevano un essere umano più unico che raro.

Il pubblico cagliaritano ebbe presto la possibilità di riascoltare il maestro Carlo Maria Giulini cinque mesi mesi più tardi quando - nel marzo del 1997 - questi riornò sul palco del nostro teatro (insieme alla Chamber Orchestra of Europe e al pianista Mikhail Pletnev) per regalarci la Seconda Sinfonia di Brahms e il Primo Concerto per pianoforte e orchestra di Beethoven.

Che musica! Che incanto! E che privilegio potersi trovare a così stretto contatto con la perfezione, senza subirla come un paragone schiacciante.

Mentre dirigeva, Carlo Maria Giulini teneva spesso gli occhi chiusi. Come se il buio gli fosse necessario a mantenere perfettamente intatta la concentrazione.

Nonostante l'età avanzata e l'inevitabile stanchezza post-performance, il maestro ricevette i suoi ammiratori in camerino. A ciascuno di loro chiese nome e cognome e, senza fretta, scrisse decine di dediche in bellissima grafia avendo cura di riportare il mese dell'anno in numeri romani.

Quanta gentilezza nei suoi occhi. Quanta rarissima umiltà.
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