C agliari, 1987, in una delle quinte classi elementari della scuola Laetitia i bambini - elegantissimi nelle loro divise composte da salopette blu e camicie a quadretti bianchi e azzurri - stanno svolgendo un tema che si intitola “Cos'è la ricchezza?”.

Scrive uno di loro: «La vera ricchezza è sapersi accontentare. Volere sempre di più è una specie di malattia ed è peggio della povertà. L'altro giorno, con papà e mamma, abbiamo visto su Rete 4 un film nel quale un'anziana miliardaria americana - tanto ricca da spendere venti milioni di lire al giorno - sfida a carte un rigattiere romano e sua moglie, che abitano in una baracca e sono costretti a far lavorare i loro bambini come becchini in un'agenzia funebre. I due poveracci, che non hanno nemmeno la macchina ma soltanto un'apixedda, si indebitano pur di giocare contro di lei, convinti come sono di strapparle una bella fetta della sua fortuna. Con quei soldi potrebbero comprarsi una casa vera ed essere finalmente felici. Invece, quando riescono a vincere più di duecento milioni Peppino e Antonia non si accontentano. Li giocano al raddoppio e perdono tutto, condannandosi a una miseria ancora più grande».

Il film in questione era “Lo Scopone Scientifico” di Luigi Comencini, magistralmente interpretato da Bette Davis, Silvana Mangano, Alberto Sordi e Joseph Cotten.

Nel suo tema, però, il bambino non riuscì a parlare del finale: perché lo aveva turbato.

La pellicola, infatti, si chiude con la figlia del rigattiere che, all'aeroporto di Fiumicino, consegna alla vecchia un dolcetto fatto con le sue stesse mani e impastato con il veleno per topi: per essere certa che la ricca americana non possa più tornare a Roma e turbare il già fragile equilibrio della sua famiglia.

Un capolavoro: in seguito inserito, come opera rappresentativa, nella lista dei 100 film italiani da salvare.
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