P uoi andare in Sardegna teoricamente, ma con il contagocce. Abbiamo sbagliato tutto. Abbiamo discusso e litigato sui voli, sul passaporto, sul distanziamento, sui tassi possibili di contagio, sulle regole. Ma la vera notizia è un altra. Ancora una volta in questa regione non si riesce ad arrivare. Non solo. Siccome siamo in un un Paese di matti, mentre noi parliamo di turisti che (non) possono arrivare, chiedendoci se siano una minaccia, ogni giorno la tratta Roma-Cagliari, da Fiumicino (una delle poche attive) si fa con un Boeing 777, quello dei voli transoceanici. Una fortezza volante per cinquanta minuti di volo, e solo 150 passeggeri: è come se si andasse a caccia di cinghiali con il bazooka.

Il bello è che non è uno scherzo. È la scoperta che fa chiunque voglia tornare nell'Isola, con i voli contingentati: due al giorno, uno alla sera uno alla mattina, con metà spazio vuoto, e gente rimasta a terra che piange. Questo dalla capitale, ma a Milano è andata peggio: chi poteva stare sull'aereo è stato sorteggiato con il bussolotto, come se fosse una tombola. Ma davvero pensiamo che si possa fare una stagione turistica in queste condizioni?

E attenzione, ciò avviene solo in Italia. Nel resto d'Europa no. Di qui la domanda: possibile? Davvero siamo gli unici scienziati interessati alla salute dei cittadini o solo i più fessi?

Per ora nei nostri aeroporti sta funzionando così: Alitalia (che ha l'obbligo di collegare la Sardegna e la Sicilia per la continuità territoriale) sta mantenendo la frequenza bassa, e quindi, per rispondere all'enorme domanda dei passeggeri, non può usare aerei più piccoli, perché altrimenti sarebbe costretta a far volare addirittura la metà dei passeggeri di oggi (solo 70 per volta). E la compagnia è costretta a farlo perché il distanziamento sociale imposto dalle nostre autorità obbliga una distanza di sicurezza superiore al metro tra passeggero e passeggero. Bene, dobbiamo adeguarci alle norme. Peccato, però, che siamo l'unico paese d'Europa a farlo. Perché? Perché tutti gli altri hanno recepito diversamente le stesse direttive, quelle emanate dalle autorità europee in materia di salute e sicurezza aerea: le autorità raccomandano - i dettagli sono tutto - ma non rendono obbligatorio il distanziamento sociale. Questo perché gli studi spiegano che il particolare sistema di iperventilazione degli abitacoli rappresenta una difesa naturale rispetto al contagio per aerosol (con cui come è noto si trasmette il Covid). Ma da noi governo e comitato tecnico scientifico hanno deciso di imporre negli aeromobili uno spazio interpersonale di sicurezza diverso ma senza deroghe per le mascherine. Per questo motivo, sui 777 il riempimento viene garantito con una disposizione a scacchiera, con due sedili vuoti tra passeggero e passeggero. Bene, direte voi: si viaggia più sicuri. Male, invece, perché questo ha un doppio costo economico: più tasse aeroportuali e meno volo di collegamento al giorno.

E in questa situazione la Sardegna torna Cenerentola. Lontana per chi la ama, irraggiungibile per chi la desidera. Ma di cosa abbiamo discusso, allora? Il dettaglio grottesco è che per poter arrivare a prendere questi (pochi) voli, l'ente aeroporti di Roma autorizza file con distanziamento sotto i 50 centimetri agli imbarchi, e autorizza gli stessi passeggeri a sedersi uno al fianco all'altro nelle poltrone dell'aeroporto da cui partono. Quindi il risultato è questo: sprechiamo un 777 pagato da una azienda in deficit, per fare salire delle persone che - se il contagio ci fosse davvero - si sarebbero già tutte contaminate prima di salire in questo splendido e distanziato aereo di gittata intercontinentale. Ma questo tema, evidentemente, al comitato tecnico scientifico non interessa: tutti hanno un frammento di responsabilità, nessuno se ne assume una, e ogni centimetro che manca in Italia si perde un posto di lavoro. E in Sardegna un albergo resta chiuso.

LUCA TELESE
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