P ochi forse sanno che in Italia la giustizia si avvale anche di magistrati onorari, che svolgono funzioni sia giudicanti (giudici di pace, giudici onorari di tribunale e giudici onorari aggregati), sia requirenti (viceprocuratori onorari). Sono circa 5.000 e, se finora la giustizia, civile e penale, è riuscita ad andare avanti, è stato anche merito dei magistrati onorari, ai quali, a partire dal 1998, di proroga in proroga, sono affidate il 50% delle udienze civili e l'80% dei processi penali davanti al tribunale monocratico.

Ma i magistrati onorari sono precari, non godono di trattamento previdenziale, nè pensionistico e ricevono una risibile retribuzione di appena 98 euro lordi ad udienza, e i giudici di pace ricevono un'indennità di 36,15 euro per ogni udienza, oltre un rimborso spese forfettario: un compenso che è offensivo per la stessa funzione giudiziaria. Per giunta, ad agosto scatta la riforma che prevede un rapporto “inderogabilmente temporaneo”, un tetto massimo di due giornate lavorative alla settimana, che non determina un rapporto di pubblico impiego, ed una riduzione dei compensi, senza tutele previdenziali né assistenziali.

Di fronte a tale triste prospettiva, i magistrati onorari sono in stato di agitazione permanente e minacciano di astenersi dalle udienze per tutto il mese di dicembre, il che creerebbe una paralisi del nostro già sconquassato sistema processuale. Anche a Cagliari davanti al palazzo di giustizia, c'è stato un flash mob.

I magistrati onorari, ispirandosi allo sciopero del pane e delle rose dei lavoratori dell'industria tessile svoltosi nel 1912 nel Massachussets, si sono presentati vestiti di nero con in mano una rosa, chiedendo “pane e rose”, cioè un'equa retribuzione e una tutela dignitosa. È evidente che la loro eventuale astensione dalle udienze provocherebbe un vero e proprio cataclisma nel pianeta giustizia. I ministri della giustizia che si sono succeduti in questi vent'anni anni si sono sempre opposti a qualsiasi riconoscimento del loro lavoro come di tipo subordinato, per cui essi continuano a lavorare come lavoratori autonomi, mentre dovrebbe riconoscersi loro il ruolo di lavoratori subordinati, così come hanno stabilito sia la Corte costituzionale, che ha riconosciuto identità di funzioni tra giudici di pace e “togati”, sia la Corte di giustizia dell'Unione europea.

Una cosa è certa: senza di loro la giustizia non può funzionare. Ma il ministro Bonafede non sembra per ora avere alcuna intenzione di riconoscere loro un trattamento dignitoso e tanto meno una retribuzione adeguata alla funzione svolta. Ma, come gli operai tessili, dopo due mesi di sciopero ad oltranza, riuscirono ad ottenere condizioni di lavoro più umane e salari accettabili, siamo sicuri che anche ai magistrati onorari sarà riconosciuto il lavoro che hanno svolto per anni e che svolgono ogni giorno.

LEONARDO FILIPPI
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