L 'anno del Centenario è da dimenticare. E la pandemia, oggi, passa in secondo piano. Parliamo di calcio e del Cagliari, che sarà obbligato a battere Juventus e Milan per coltivare ancora il sogno impossibile di centrare il decimo posto. A patto che le altre, quelle che stanno un po' più in alto, si addormentino o non si presentino allo stadio. Una squadra molle, incapace di regalare quelle fiammate che avevano strabiliato prima che il campionato si fermasse, scende in campo e giochicchia, vuole graffiare ma senza gli artigli, cerca di mettere le mani sulla partita quando l'avversaria - ieri l'Udinese - l'ha già incartata. Sarebbe comodo raccontarvi che questo gruppo è in vacanza, ma non sarebbe vero né onesto: il Cagliari lavora, suda, si prepara ma ha smesso di essere il Cagliari, quello che aveva stupito l'Italia. Senza il suo motore, l'uomo tecnicamente più carismatico, Nainggolan, e in assenza di un colosso come Rog, questa squadra scivola inevitabilmente nella casella di competenza. La bocciatura di Pereiro, l'inconsistenza dei centrali difensivi nelle ultime uscite, un fisiologico calo generale anche a causa di pochi e frettolosi allenamenti, hanno portato a uno scenario che neanche nelle peggiori previsioni si sarebbe potuto evocare. Ieri sera i continui cambiamenti tattici, gli esperimenti, i tentativi anche disperati di cambiare rotta, hanno solo sfiancato la squadra e chissà, anche i tifosi. E davanti c'era l'Udinese, con la salvezza appena centrata. Ora sotto con Juve e Milan. I sogni non finiscono mai, neanche a cent'anni.
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