I l Cagliari, e questo successo così esaltante, sofferto, anche inatteso, ci permette di evadere. Il calcio degli stadi vuoti e delle voci dei calciatori nel deserto, regala emozioni come quelle di ieri: la partenza terribile dei gialli di Di Francesco, la reazione, la sofferenza nella seconda parte e il successo. Con quel cronometro che sembra non muoversi. Dovunque regna la tetra atmosfera dell'epidemia, della lotta a contenere un virus invisibile ma molto presente. E allora applausi a questo pianeta parallelo, il calcio dei professionisti, che tiene acceso lo show e - riservato ai tifosi rossoblù - fa gridare di gioia.

Riassunto delle puntate precedenti: la società sceglie un allenatore integralista, aggrappato al suo calcio, uno che richiede quegli interpreti per mettere in piedi quel preciso tipo di gioco, poi qualcosa non funziona fra precampionato e campagna acquisti e allora la squadra tentenna, soffre, gratta un punticino nelle prime tre giornate. Ad Assemini, nell'oasi naturalistica rossoblù, avviene qualcosa che riporta la carica giusta, dentro la squadra. Un passo indietro del tecnico, un passo avanti dei calciatori, ed è la frase di Eusebio Di Francesco a disegnare benissimo la situazione: «Ho rinunciato a qualcosa di mio per dare qualcosa a loro». Traduzione: si può cambiare idea per il bene collettivo, ma senza snaturare il progetto, ovvero calcio aggressivo e propositivo, sempre.

E ieri è andata così, senza girarci troppo attorno. Dopo la sbavatura iniziale, il Cagliari ha messo le mani sulla partita. (...)

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