U n salto. E dopo, la paura di volare. Alla Sardegna Arena, sempre più un fortino colorato, festoso e decisivo, il Cagliari quel balzo lo fa. Costruendo gioco, dando spettacolo, scrivendo storie bellissime come quella di Pavoletti. Poi le vertigini, un po' di stanchezza, forse la carica nervosa che fa a pugni con l'emozione di stare così in alto, a quota 13. E allora una squadra oggettivamente modesta, in piena confusione come il Chievo, si ricorda che le partite durano novanta minuti e cerca un'improbabile impresa.

Sarebbe stato un cazzotto insopportabile, perdere due punti ieri sera, perché in questo momento il Cagliari sta mostrando progressi e individualità come pochi club in Serie A. Azzanna l'avversario dal primo pallone, lo ha fatto a Firenze e si è ripetuto ieri nella bomboniera di Sant'Elia, perché questo vuole Maran l'Equilibratore. Gioco, personalità, carattere, testa, lo aveva “chiesto” sabato nella conferenza stampa di presentazione e lo ha ottenuto ventiquattro ore dopo, in campo. Il Cagliari, a tratti, è talmente preciso nella costruzione del piano tattico che sembra una squadra che Maran guida da anni, non da quattro mesi. Ci sono ricami di calcio, provati e riprovati nel silenzio di Assemini (gli inserimenti di Srna e Padoin, gli incroci tra JP10 e Pavoletti) che fanno male alle difese avversarie. C'è uno spirito di gruppo che nel concreto diventa un'arma in più: evidente e doloroso, per il Chievo di Ventura, il diverso approccio alla gara visto ieri. (...)

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