A ssomiglia a un'impresa, ma è molto di più. È una rivoluzione, con una corazzata che va a fondo per colpa di un veloce sottomarino che non vedi, non senti, ma ti azzanna e scappa via in contropiede. Sassari non ha bisogno di sognare, perché passa a incassare una finale scudetto che raramente è stata più meritata. Quante metafore potremmo mettere in piedi, per raccontare quello che sta succedendo, invece basta disegnare la realtà, molto più affascinante del sogno: una città, un'Isola e un popolo di “baskettari” si preparano a stupire ancora l'Italia, tutto qui. Aggrappàti a una squadra che non è solo un quintetto e una buona panchina, ma un gruppo di gente con una feroce applicazione vista raramente su un campo di basket. Nessuno molla, tutti hanno in testa quella leggera follia che ti fa fare partite come queste tre con Milano, tre a zero.

L'Armani torna a casa, tutti sanno che era la favorita, la Juventus del parquet, ora dobbiamo riscrivere un finale di stagione che senza dubbio sarà più appassionante. L'energia che si avvertiva ieri al PalaSerradimigni ha superato i muri del palazzetto, andando in tutte le case di chi ha il basket nel cuore. A proposito di cuore, vedere Pozzecco che mostra i muscoli imitando i suoi giocatori, fa capire cosa stia legando i ragazzi e il coach, quanta forza scorra in quello spogliatoio. L'Isola del basket a due velocità, con Sassari che vola e Cagliari che non decolla più, si presenta al tavolo verde dello scudetto: provate a fermare questa tempesta perfetta, non sarà facile. Chiedete a Pianigiani.
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