A fine mese andrà in pensione l'italiano più potente al mondo negli ultimi otto anni, il signore dell'euro che ha salvato la moneta comune dalla peggiore crisi finanziaria del dopoguerra. Mario Draghi passerà alla storia come il presidente della Banca Centrale Europea (Bce) che nel luglio del 2012 ha sconfitto la crisi dell'euro e dei debiti sovrani con una frase diventata famosa, che passerà anch'essa ai libri di storia: «La Bce farà di tutto per contrastare la crisi finanziaria e salvare l'euro, e vi garantisco che sarà sufficiente».

In quel momento, gli spread dei titoli pubblici a 10 anni erano saliti oltre 500 punti in Italia e 600 in Spagna, e valori ancora più elevati si registravano per la Grecia, il Portogallo e l'Irlanda. Il rischio di una rottura dell'euro era elevatissimo, ma la minaccia di Draghi venne presa sul serio dai mercati. Gli speculatori, che sino al giorno prima puntavano allo sfaldamento della moneta comune e al fallimento dei debiti sovrani dei Paesi più esposti alla speculazione, si ritirarono con la coda tra le gambe: mai giocare a poker con una banca centrale, perché si perde sempre. La Bce avrebbe potuto inondare di liquidità i mercati monetari, come poi ha effettivamente fatto con il quantitative easing (Qe), salvando insieme l'euro e i debiti sovrani.

Nei giorni scorsi a Mario Draghi è stata conferita la Laurea honoris causa in Economia dall'Università Cattolica del Sacro Cuore di Milano. In quella occasione ha letto una prolusione, che molti hanno interpretato come il testamento intellettuale del primo banchiere centrale italiano in Europa. (...)

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