S embrava che stavolta sì, che stavolta la signora Merkel potesse essere profondamente diversa da quella che aveva gestito la crisi del 2008 e invece rieccola ad essere la replicante di sé stessa, seppure tentennante con la sua tattica dilatoria, dietro all'Olanda che, insieme ad altri, non avrebbe lo stesso peso nel dire no allo stereotipo delle allegre cicale del Sud Europa.

Anche nella teleconferenza di 10 giorni fa la posizione tedesca è stata dirimente. Vale oggi ciò che Ulrich Beck, il sociologo tedesco scomparso nel 2015, diceva due anni prima, rispondendo alla domanda “cosa manca all'Europa per diventare un'area di sviluppo?”: «La consapevolezza del significato di solidarietà» che vuol dire democrazia.

Per questo concetti come multilateralismo, uguaglianza e sovranità si sono trasformati, rispettivamente, in unilateralismo, egemonia, dipendenza.

Sembrano riconfermarsi, a proposito della Cancelliera, i timori di Jurgen Habermas che ancora qualche giorno fa, su Le Monde, vedeva in lei il politico che non consente alla Germania di assumersi le proprie responsabilità rispetto all'Europa.

I l filosofo tedesco ha sempre sostenuto che la Germania dovesse farsi promotrice di un cambio di passo per costruire una democrazia sovranazionale, custode delle libertà civili, e abbandonare l'idea di un'Europa tedesca per tornare, viceversa, all'idea di una Germania europea.

Lo stesso intellettuale nel 2014, invitato dall'SPD, aveva sostenuto che non era nell'interesse tedesco rimanere nella posizione egemonica che aveva aperto la strada a due guerre mondiali e che era stata superata solo attraverso l'unificazione europea.

Sulla crisi attuale, in Germania il dibattito è acceso: fratture dentro i partiti e mutamenti di opinione dimostrano che il Paese non è un monolite. Appena il 7 aprile Steffen Klusmann, redattore capo di Der Spiegel, la rivista di maggior tiratura, nell'editoriale “Il rifiuto tedesco degli Eurobond è non solidale, gretto e vigliacco”, ha affermato con estrema durezza che «L'Europa è una mera alleanza di egocentrici. Invece di dire onestamente ai tedeschi che non esistono alternative agli Eurobond in una crisi come questa, il governo Merkel insinua che ci sia qualcosa di marcio in questi bond. Ovvero, che in fin dei conti sarebbero i laboriosi contribuenti tedeschi a dover pagare, in quanto gli italiani non sono mai stati capaci di gestire il denaro. Questa narrazione è stata usata talmente spesso dalla Cancelliera che adesso ogni concessione a spagnoli e italiani potrebbe soltanto sembrare una sconfitta. Non avrebbe mai dovuto permettere che si arrivasse a questo, non fosse che per un sentimento di vicinanza e solidarietà».

Da parte sua Bild, il quotidiano più letto con più di due milioni di copie, a due giorni dall'intervista di Conte alla tv ARD e dalla missiva alla FAZ (Frankfurter Allgemeine Zeitung) di un gruppo di amministratori locali, ha dedicato un'intera pagina all'Italia, in tedesco e in italiano, con un messaggio apparentemente forte e chiaro: «Siamo come fratelli. Siete sempre nei nostri pensieri. Ce la farete. Torneremo da voi». Dove, tuttavia, non era difficile leggere un sottinteso ve la caverete da soli, nonostante il sostegno a parole.

Ancora, il quotidiano berlinese Der Tagesspiegel, sempre il 6 aprile, esortava all'aiuto dei paesi del Sud Europa in considerazione del volume considerevole dell'esportazione, citando anche il debito senza restituzione da parte della Germania, come pure ha fatto l'ex cancelliere Schröder e, con altri argomenti, Annalena Baerbock, leader dei Verdi, entrambi appena intervistati dal Corriere della Sera.

Forse può ancora valere la riflessione di Benedetto Croce, relativa al libro di Frederic Lilge, The abuse of Learning. The Failure of German University (1948), dove ricordava il Max Weber del discorso su “Parlamento e Governo” prima della scomparsa nel 1920 a causa della Spagnola: «coraggioso nel segnalare l'inferiorità politica dei tedeschi rispetto ai da loro spregiati popoli occidentali, ma che, sociologo com'era, mancava della possanza erculea richiesta in un caso così disperato».

Non diremo con Croce “Donde verrà a quel gran popolo il genio suo redentore?” ma più umilmente: chi sarà oggi così autorevole da riaffermare con forza una nuova solidarietà pan-europea?

ANGELA GUISO

Critica letteraria
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