D ue set cinematografici diversi, simile lo sfondo scenografico. I due registi anche, sono diversi dietro la macchina da presa, con lo sguardo di “Joker”, il film premiato a Venezia, rivolto all'Occidente; del film “Parasite”, Palma d'oro a Cannes, all'Oriente.

In “Joker” Gotham City è paradigma del degrado con i cumuli di monnezza che svettano verso il cielo, altari di un consumismo senza controllo. Lì muove il protagonista, vittima di una periferia implacabile e spietata, a cui opporre il labile schermo di una maschera, inutile amuleto apotropaico.

Ma se il Joker del regista americano Todd Phillips trova il coraggio di ribellarsi diventando un'icona metropolitana, la famiglia squattrinata e senza lavoro del sudcoreano Bong Joon-ho combatte la sua battaglia per la sopravvivenza dentro le umide mura di uno scantinato che la telecamera riprende in campo lungo fra palazzi fatiscenti e intrichi di fili elettrici, infine sommerso dai liquami dopo un violento nubifragio. Anche qui vite al limite, ma col sostegno di un patto familiare. Più efficaci di ogni resoconto le immagini svelano la polarizzazione di ricchezza e povertà del mondo contemporaneo. E se “Parasite” scopre il fermento di un nucleo parentale che, come la specie fungina, lega la sua vita precaria all'esistenza e ai bisogni di una coppia borghese e raffinata, Joker preferisce agire in solitario.

Nel film coreano il bello e il brutto si alternano rendendo ancora più potente il contrasto fra l'indigenza e il benessere. (...)

SEGUE A PAGINA 40
© Riproduzione riservata