È recente lo stanziamento, nella finanziaria regionale, di alcuni fondi alla cultura, in particolare nel settore dello spettacolo. Si dirà: una buona notizia, avendo il Consiglio contribuito ad iniziative importanti. Ma non tutti ne sono convinti, specie coloro che finanziamenti ad personam non ne hanno ricevuti e debbono attendere i bandi pubblici, quando questi apriranno.

In effetti, il tempismo preelettorale qualche dubbio lo genera, visto che, si sa, questa è epoca di vacche grasse, ed un aiuto, a chi sa esserne grato, non si nega mai. Eppure, proprio in Sardegna, si era creato un argine a queste prassi con la legge 18 del 2006: una disciplina avanzata sul finanziamento dell'offerta culturale attraverso procedure pubbliche certe e trasparenti per tutti. Troppo bello per essere vero: fatta la legge, trovato l'inganno. Si è infatti sostenuto che, mancando la programmazione amministrativa sul settore, la legge stessa non potesse diventare efficace. Un po' come mandare in campo un arbitro senza volergli dire che sport arbitrare.

Dal 2013 quella legge è dunque rimasta lì, silente, inattuata, con l`inesorabile ritorno all'antica prassi dei contributi ad personam: ai più noti, ai più bravi, ai più belli. E con l`inevitabile esito che le migliori energie, nel settore culturale, non riescono a organizzarsi, programmare investimenti, eccellere. Così, in Italia, i pochissimi danari stanziati per la cultura (il World Cities Culture Finance ci dice che tra le prime trenta città al mondo per spesa pubblica sulla cultura nessuna è italiana) vengono distribuiti come prebende. (...)

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